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Ligabue, negli anni furba ripetizione di se stesso? Con questo disco smentisce chi lo crede. “Arrivederci, Mostro!” è meglio delle sue ultime produzioni, sta appena sotto alla tacca del suo massimo di qualità e propone novità inaspettate: saranno dovute ai 50 anni del Liga?
Nell’album chitarra regina – a volte aggressiva, un suono pieno (produzione e zampino di Corrado Rustici), ballad come da copione che c’è da scommettere infiammeranno i palchi, e ci sono anche canzoni che per essere di Luciano giungono inaspettate. Prendiamo “Caro Il Mio Francesco”, sorta di lettera aperta a Francesco Guccini, oppure “Quando Mi Vieni A Prendere”, in cui Ligabue fa parlare un bambino (caso unico nella sua produzione) di un fatto di cronaca. Meglio, di sangue: un testo tanto duro da rimanerti dentro, mentre il bambino parla e racconta e spiega di quel 23 gennio 2009 in Belgio, quando l’uomo nero all’asilo ha ammazzato due bimbi (uno è il protagonista della canzone? Il Liga lascia il dubbio) e una maestra. Niente Mario che dà un colpo di straccio al banco del bar, per intenderci. Altri brani, invece, ti catapultano nel classico mondo di Ligabue: rassicuranti, da un certo punto di vista, ti dicono che il Liga è sempre il Liga. Frase esemplare, da “La Linea Sottile”: Per il cielo è un po’ presto / per l’inferno non c’è posto.
Divertente “Taca Banda” (alla batteria Lenny, figlio di Luciano), bellissima e sorprendente nel suo essere molto rock “La Verità E’ Una Scelta”, interessante la poesia “Il Peso Della Valigia”, composta dal Liga qualche anno fa e ora messa in musica, e per finire chiusura con l’ottimismo di “Il Meglio Deve Ancora Venire”. E’ una promessa, Liga?
Francesca Binfaré