Veleno – Ali scure – La glaciazione – L’ultima risposta – Il centro della fiamma – Nei nostri luoghi – Quattrodieci – Piombo – Alta voracità – Alibi – Canenero – Stagno
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Forse per un non torinese sarà difficile da comprendere, ma l’ascolto di questo disco porta direttamente alle serate ai Murazzi del Po, ai suoni che escono dai locali e si mischiano tra loro in un unico e incessante mash up sonoro. Dopo il controverso “Terrestre” i Subsonica rimettono un po’ le carte in tavola e si avvicinano maggiormente a sonorità techno/house, fatte di beat ossessivi e profondi come nel brano di apertura “Veleno”, senza però rinunciare alla melodia, che riporta immediatamente indietro al primo disco e a uno dei loro primi successi, “Istantanee”. Estremizzando, si può dire che Samuel alla fine sia l’elemento in grado di donare a qualsiasi pezzo il tipico suono dei Subsonica e con questo disco è ancora più evidente, al di là degli interventi minimali e raffinati di Max Casacci o a quelli ben più invasivi di Boosta. Se amate certe sonorità, il disco non vi deluderà affatto, si balla con “Il centro della fiamma” (in cui fanno capolino qua e là i Daft Punk), “L’ultima risposta”, “Quattrodieci”, passando attraverso ai momenti più riflessivi di “Alibi” e “Canenero” per concludere con “Piombo” un piccola perla dal sapore drum ‘n bass.
L.N.
“Nel cuore di un eclissi tu risplenderai…”
I Subsonica risplendono di ritrovata brillantezza. Bentornati dunque. Bentornati ai loro lidi puramente elettronici, ai loro tempos ballabilissimi, ai loro ritornelli che strizzano l’occhio al pop in quanto a musicalità ma sempre ricercati.
Accantonato l’esperimento più fisico Terrestre (ardito nelle intenzioni, incerto nella direzione, alterno nei risultati) l’atmosfera che si respira tra i solchi de L’eclissi ritorna familiare, quindi sintetica, asettica, anche se decisamente più fredda e chimica che in passato. E’ infatti dai loro progetti b-sides, dall’esperienza Casasonica e strizzando l’occhio ai Chemical Brothers che i torinesi pescano molte venature e molti crescendo, senza mai esagerare però, e soprattutto senza snaturare il loro classico groove, ma anzi esplorando un ulteriore spicchio dello spettro dell’elettronica.
La prima metà abbondante del disco inanella perla dopo perla: Veleno, L’ultima risposta, Quattro dieci, il singolo d’apertura La glaciazione e la pseudo titletrack Il centro della fiamma non temono confronti di sorta neppure con i capisaldi della loro discografia quali Disco Labirinto, Aurora sogna, Nuvole rapide, Nuova ossessione e si scolpiscono nella nostra testa fin dai primi ascolti. Messo in disparte quasi completamente l’ibrido rock/pop di Terrestre si ritorna ai tempi disco e ai deliri di samples ed elettronica che tanto ci avevano conquistato su Microchip emozionale e Amorematico, addirittura con qualche richiamo al primo omonimo album e addirittura con punte di dance acida mai raggiunte prima. Tutto questo senza mai autoplagiarsi con grande esperienza e maturità. Infatti se da un lato abbiamo la faccia più ballabile ed easy listening dei Subsonica non mancano gli episodi di denuncia sociale (Canenero, Piombo) e momenti più bui e malinconici (Ali scure, Nei nostri luoghi), urlati o sussurrati lucidamente da un Samuel raramente cosi in forma. In formissima è nuovamente anche il folletto Boosta che non lesina divagazioni e deliri subsonici, a differenza dell’eclettico Ninja leggermente sacrificato in favore del massiccio impiego di loop e limitato al suo pur precisissimo compito.
L’album scivola scorrevolmente fino alla conclusiva sognante ed eterea Lo stagno, seguita da una lunga coda ambient e da una traccia fantasma acustica, passando per le sinuose Alta voracità e Alibi che fanno da ideale ponte con il passato remoto della band.
Un ottima prova dunque e un graditissimo ritorno che entra dalla porta principale nella discografia della band con una spiccata personalità, senza cali di tono ma anzi con molti picchi di altissima qualità. Del loro veleno mi avvelenerò.
M.M.