Skrillex è ormai sulla bocca di tutti, anche di quelli che ignoravano cosa fosse il dubstep prima di far la conoscenza con Sonny Moore (suo vero nome), 24enne californiano che pare sia diventato il nuovo fenomeno della musica elettronica. Quindi collaborazioni come se piovesse, alcune delle quali hanno dato indubbiamente ottimi frutti (“The Path Of Totality” dei Korn non sarebbe lo stesso senza di lui), e una serie di remix per alcuni fra i nomi più in voga del momento, non ultimo quello di Lady Gaga. In attesa del debutto sulla lunga distanza con “Voltage“, del quale però non si conosce ancora la data d’uscita, il dj di Los Angeles sforna il quarto EP della carriera. “Bangarang” esce ora in formato fisico, ma già nel dicembre del 2011 era stata rilasciata la sua versione digitale, e i 7 brani che lo compongono sono già stati presentati durante il “Mothership Tour“, con l’eccezione di “Right On Time“. Nulla di realmente nuovo, dunque.
E neppure così inedite o sorprendenti sono le sonorità racchiuse nel cd. Oltre al dubstep adesso si aggiungono dosi più massicce di house e di drum’n’bass (che poi sarebbe la progenitrice del dubsteb, quindi non c’è da meravigliarsi), sbandamenti glitch e infiltrazioni trance (cfr. “Summit“), ma la cifra stilistica rimane la medesima. Tempi medi e basso trascinato, con contorno di featuring soprattutto vocali, che il più delle volte si limitano a mandare in loop una singola frase, eccezion fatta per la parte rappata di Sirah in “Kyoto“. E anche la collaborazione con i Doors non è certo memorabile. Per il resto non c’è nulla di sconvolgente e, diciamolo pure, si finisce per considerare la nuova release una mezza delusione. Da un artista tanto decantato com’è Skrillex in questi giorni, sarebbe stato interessante poter percepire la voglia di osare qualcosa di differente, e invece il materiale contenuto in questa mezz’ora di musica non si fa preferire ai suoi vecchi lavori, anzi. “Scary Monster And Nice Sprites” suonava più fresco. “Bangarang” è già un successo clamoroso e le sue tracce spopoleranno nei dancefloor di tutto il mondo, ma rimane un’opera decisamente interlocutoria.
Stefano Masnaghetti
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