Avevano fatto parlare di loro meno di due anni fa con il loro primo lavoro, Innerspeaker, facendo strabuzzare gli occhi ai più. Stiamo parlando degli australiani Tame Impala. Un vero e proprio caso discografico, riusciti a scalare le vette delle classifiche di vendita del loro paese e ad arrivare con una certa agilità a farsi apprezzare fin dall’altra parte del mondo. Questo è un gruppo eccentrico che predilige le sonorità psichedeliche con dei chiarissimi riferimenti alla musica dei primi anni settanta. Sono tanti i nomi che si potrebbero citare per provare a definirli, a me piace elencarne uno solo: pensate ai Beatles e alla loro deriva psichedelica portata all’ennesima potenza. I riferimenti al quartetto di Liverpool sono più che un caso molto spesso, soprattutto nella voce di Kevin Parker.
Non lasciatevi ingannare quindi da qualche piccola sbavatura che pur si nota o da una certa nostalgia e godetevi l’ascolto di “Lonerism” per quello che vi offre. I Tame Impala sono infatti ottimi musicisti in grado di creare trame psichedeliche avvolgenti utilizzando tutti gli strumenti e gli effetti possibili. La voce, le chitarre, i synth, gli echo, è un continuo comporsi e scomporsi di colori ed emozioni. Il tutto, e questa è la cosa più importante, senza sottovalutare una notevole capacità nella scrittura pop che gli permette di non lasciarsi trasportare troppo dalla psichedelia ma rimanere il più possibile legati a una forma canzone tradizionale.
L’album si apre con un fade in incalzante di una batteria, molto cruda che si contrappone ai suoni ampi e caldi che la circondano, l’intero pezzo, che sembra quasi una intro, è un chiaro esempio dei riferimenti Beatlesiani di cui si parlava prima. Le sessioni ritmiche dell’intero album mantengono sempre un ritmo serrato, tenendo sempre viva l’attenzione. Il compito di dilatare lo spazio è affidato ad altri strumenti. L’equilibrio tra pop e sperimantalismo è sempre precario e pende a volte più da una parte e a volte più dall’altra. Certo è che canzoni come Mind Mischief o Keep On Lying risultano veramente molto piacevoli pur non tradendo mai i connotati principali della musica della band australiana. La chiusura invece è affidata a due tracce decisamente meno “tradizionali” che danno libero sfogo a tutte la ambizioni più psichedeliche.
C’è un po’ di tutto in questo nuovo atteso lavoro dei Tame Impala, effetti a più non posso, ottime melodie e tanta voglia di sperimentare. La stessa voglia che a volte li tradisce rischiando di fare apparire il disco un po’ poco omogeneo, se vogliamo l’unica pecca di un lavoro che conferma tuttavia le aspettative legate a questa band.
Giuseppe Guidotti
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