“Bays” dei Fat Freddy’s Drop è un’altra perla di stile. Il solco è quello già tracciato: una musica roots, fatta di radici veramente affondate nell’humus fertile del soul, del reggae, del funk. È su quel genere di calore terreno che si innestano le sperimentazioni elettroniche e rarefatte dei brani di “Bays“, quarto lavoro in studio, che riconferma quanto ci aspettavamo: i Fat Freddy’s Drop sono uno dei migliori gruppi esistenti quanto a capacità creativa. E giustamente non vediamo l’ora di ascoltarli dal vivo in una delle due tappe italiane a Milano e Bologna il prossimo novembre.
Il collettivo neozelandese non mette da parte le atmosfere di libertà avvolgente, in stile tramonto sulla spiaggia con la pelle calda di sole, che avevano caratterizzato il favoloso disco d’esordio “Based On A True Story” (quel genere di album che ti prende talmente tanto da eradicare dalle orecchie ogni possibile concorrente almeno per un paio di mesi) ed erano state riconfermate dal secondo disco “Dr Boondigga and The Big BW”. I Fat Freddy’s Drop trasportano in “Bays” quel tipo di festa leggera in modo naturale, dandole un abito più elettronico che pesca a piene mani dal dub più intenso.
Ne è uscito un album corposo e legato da una robusta corda conduttrice sempre sul punto di sfilacciarsi in libere divagazioni; una corda resistente che divide l’album quasi in due. L’ossatura quasi r&b apre il disco con “Wairunga Blues” che dal genere musicale nominato prende in prestito l’anima black della voce di velluto di Dallas Tamaira, e sale con il reggae elettrico di “Slings & Arrows” innervata dal basso e da una sezione fiati in stato di grazia, e da “10 Feet Tall” che fa venire voglia di allacciare le braccia al collo di qualcuno per ondeggiare morbidamente insieme.
Lo spartiacque è il singolo “Razor”, dalle atmosfere oscure e inquiete, mentre il suono della chitarra è dolcezza liquida che pervade “Makkah”. Si rientra sul dub morbido con “Fish In The Sea” e la velocità aumenta vertiginosamente nella lunghissima suite di “Cortina Motors”, quasi undici minuti di pura capacità ipnotica da far scatenare in modo fisico. La chiusura con “Novak” sembra riportare realmente alle radici iniziali, al blues solo nominato nella prima traccia del disco, in un rientro alla base.
“Bays” è un disco che merita concentrazione estrema al primo ascolto, attenzione al secondo e coinvolgimento fisico al terzo. Non si può pensare di apprezzarlo senza la dovuta considerazione mentale, bisogna predisporsi a entrare in un flusso di idee e suoni in grado di accarezzare i timpani e i pensieri. Riusciti nella miscelazione, fuori misura in un mondo musicale che tende sempre più a urlare per farsi notare, i Fat Freddy’s Drop ci consegnano un quarto lavoro bello, piacevole e quasi rivoluzionario nella sua eleganza.