Filter – Crazy Eyes

filter-crazy-eyes-recensioneIl nuovo album dei Filter è un tuffo nei primi anni novanta e richiama da vicino i vecchi NIN (ah già, chi era il loro chitarrista live fino al ‘93?) con suoni pesanti, canzoni ambient dai toni cupi e folli, che però mano a mano lasciano spazio a suoni più punk e alternative rock. Così alle grida angosciose dell’apertura di “Mother E” segue un brano più orecchiabile e strutturato quale è “Nothing in my hands”, e già nella seguente “Pride Flag” si apprezza un rock più arioso, che trova anche chitarre più incisive e una chiusura alla Bellamy, tanto somiglia ad un brano dei Muse

E i déjà-vu non finiscono, di colpo si riassaporano il grunge dei ’90 (complice l’influenza dei fratelli De Leo?) ma anche le atmosfere alt rock di inizio duemila: non c’è dubbio che questo sia un album influenzato. Anche nel senso di malato, perché se offre diversi spunti interessanti, denota comunque una certa frammentarietà nello stile tanto che di industrial già dalla quinta traccia si trova ben poco fino a riscoprire nel basso e nella batteria quella concretezza che nell’elettronica sembra venir meno via via che scorrono le tracce.

Chester senza Linkin Park con un po’ di industrial. O qualcosa di simile insomma.

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