The Heavy Countdown #21: Frank Carter, Starset, Kreator, Betraying The Martyrs

Palisades – Palisades
L’omonimo e terzo disco dei Palisades segna una svolta importante nella carriera della formazione statunitense: grazie all’ingresso in pianta stabile nella band del dj Christian Muchozuki aka Graves, il sound si assesta su quell’electronicore che fa tanto strippare quando si trasforma in biebercore o meglio ancora, in solo-Bieber-senza-core ma incazzato e con la chitarra elettrica (vedi “Let Down” e “Fall”). “Palisades” è un po’ come la Nutella: sai che gusto ha, sai che c’è l’olio di palma e che non è esattamente un toccasana, ma non puoi farci nulla perché dà dipendenza.

Frank Carter and the Rattlesnakes – Modern Ruin
Il nuovo progetto di Frank Carter racchiude in sé la duplice anima dei suoi precedenti impegni: il passato remoto all’insegna dell’hardcore dei Gallows e la leggerezza orientata verso il pop dei Pure Love. “Modern Ruin” conquista da subito per i testi personali e velenosi, oltre a un irresistibile retrogusto Brit. Dalle eco blueseggianti della opener “Bluebelle” alla chiusura in crescendo di “Neon Rust”, l’atmosfera che si respira non è di certo delle più serene, ma lascia il segno in profondità.

Black Anvil – As Was
Gli Stati Uniti non hanno mai vantato una solida tradizione black metal, ma ciò non toglie che abbiano dato i natali a una delle band più interessanti del genere, almeno oggi. il quarto disco dei Black Anvil, “As Was” esplora con un approccio melodico e atmosferico il metallo nero, aprendosi ai clean vocals (vedi la title track) e crogiolandosi in una cupezza a tratti doom, dando vita a pezzi davvero memorabili, come la malinconica “May Her Wrath Be Just”.

Set and Setting – Reflectionless
Quando si parla di post metal i confini sono molto labili e spesso è un’etichetta che si appiccica a molte band quando non si sa dove incastrarle. Ai Set and Setting questa dicitura però calza a pennello. Per chi non li avesse mai sentiti (anche se con “Reflectionless” sono al terzo album) il paragone con i Russian Circles nasce spontaneo, ma la band originaria della Florida si distingue per la presenza di due batteristi, che non hanno niente meno che il compito di disorientare l’ascoltatore, ubriacandolo di fendenti.

Mycelia – Dawn
Attivi dal 2010, gli svizzeri Mycelia danno alle stampe “Dawn”, il secondo disco in carriera, trascinandoci fin dalla prima nota nel loro mondo, cosa che lasciamo fare molto volentieri. Il bello è che la band progressive metalcore non si pone nessun limite, che sia nella creatività, nella durata dei pezzi (i 13 minuti abbondanti di “Drop the Baby” sono l’esempio più ovvio), nella sperimentazione e nella voglia di scoprire e riscoprire altri generi musicali, come la musica classica (vedi “Acardiac”). Se vi piacciono i Between the Buried and Me, i Mycelia fanno decisamente per voi.

Starset – Vessels
La seconda prova in studio degli Starset è un lungo racconto sci-fi in musica. L’idea di base è molto buona, così come la sapienza con cui i Nostri riescono a mischiare linee melodiche, synth, elettronica ed elementi heavy nella loro narrazione, ma di base è tutta roba già sentita che alla lunga rischia di stancare. Così come le infinite e superflue outro dei quindici pezzi di “Vessels”. Ma statene pure certi, sentiremo parlare degli Starset parecchie volte nei prossimi dodici mesi.

Aversions Crown – Xenocide
Senza concedere nulla al mainstream, gli australiani Aversions Crown, con una fiammante e quasi totalmente nuova line-up, se ne fregano delle mode, di tutto e di tutti. E lo fanno bene. “Xenocide” pesta duro, ed è un tripudio di pig squeal, extraterrestri assortiti e malvagità gratuita. Più death che –core, pesantissimo e granitico. Ci piace assai.

Kreator – Gods of Violence
Per Petrozza e soci questo è il quattordicesimo album in una carriera trentennale. I paladini del thrash teutonico ritornano e, nonostante la prevedibile ripetitività, riescono ancora a essere convincenti e irresistibilmente old school. Prendete pezzi come “World War Now” o “Lion With Eagles Wings”, e vedrete che l’attesa di cinque anni dall’ultima fatica dei Kreator è valsa la pena. Se avete dai 35 anni in su, circa.

Evenline – In Tenebris
Occhio a non farvi ingannare dalle apparenze: nonostante la copertina e il nome stesso dell’album suggeriscano il contrario, “In Tenebris”, il secondo full-length di questi quattro ragazzotti francesi non è un disco goth. Ispirandosi a Creed e Seether per esempio, gli Evenline portano avanti un onesto modern heavy, davvero fuori contesto nel 2017, ma per nulla sgradevole.

Betraying the Martyrs – The Resilient
I francesi Betraying the Martyrs, alla terza fatica con “The Resilient”, lasciano definitivamente alle spalle il deathcore degli esordi per includere melodie e clean vocals come se piovesse. Questa è la storia dei BTM, ma il problema è che potrebbe essere anche la storia di un numero infinito di band simili. Pur di non rischiare, si rimane negli schemi, ma ragazzi, ci vuole un po’ di coraggio. La stoffa ce l’avete tutta.