Capita che dopo aver consumato “Channel Orange”, il primo disco ufficiale di Frank Ocean, tu non veda l’ora di sentire nuovo materiale da parte di un artista che è riuscito a sorprenderti così tanto. Capita che dopo aver aspettato ben quattro anni, qualcosa si muove. Esce un visual album “Endless”, ma non è quello che ti aspetti dopo così tanto tempo. Sorvoli, tanto a te interessa Blonde, il disco ufficiale.
Arriva poi il momento di Boys Don’t Cry, la rivista distribuita in vari paesi (New York,Los Angeles,Chicago e Londra) con foto racconti e poesie, anche una di Kanye West, ma tanto tu sei in Italia e puoi vedere soltanto le foto su Google immagini. Finiscono le Olimpiadi di Rio e finalmente, quasi come a voler colmare quel vuoto che la programmazione sportiva aveva lasciato, esce all’improvviso il vero disco che aspettavi da tanto. Ed eccoti schiacciare play, “Blonde” parte. Ascolti la prima traccia “Nikes” e non è quello che pensavi, ma vai avanti lo stesso,non demordi, perché quel progetto lo aspettavi da così tanto tempo che non potrà deluderti. Finisci l’ascolto e ti ritrovi come nella copertina: nudo e con la mano davanti alla faccia. Cosa è successo?
L’ho riascoltato Blonde, tante volte, ma non sono riuscito a cambiare idea. L’album a parte qualche pezzo, si è rivelato un’asciugata clamorosa, certi brani presi singolarmente fanno volare, ma nel complesso stanca, a mio parere suona troppo ambient. Perché signori (non leggetela alla Renzi), i messaggi all’interno del disco sono tutti vari e interessanti. Frank Ocean gioca con la sua identità, in “Be Yourself”, inserisce la madre che gli dice di non bere, non drogarsi e di essere se stesso (sai che novità), gioca con la sua voce. Si diverte ma non diverte. A parte “Ivy”, “White Ferrari” e “Nights” che ricordo con fatica, non mi entra in testa nulla. Non ci sono evidenti hit, ma questo non è un problema anzi. Le 17 canzoni, sembrano un bellissimo esercizio di stile che dopo il primo ascolto non ti sorprende più.
È evidente quanto Blonde sia un disco coraggioso e se vogliamo complesso. Le tante chitarre presenti sono la vera novità; quasi a voler rappresentare un nuovo inizio musicale per Frank Ocean. L’album è delicato, con arrangiamenti minimali che richiedono più ascolti ripetuti. Ma solo il fatto di dovervi spiegare tutte queste cose è un chiaro indicatore. Qualcosa non va.
Quattro anni di eccessivo hype alla fine, si sono rilevati troppi. Ti logorano. Le notizie della imminente uscita di questo album comparivano già da marzo di due anni fa. Probabilmente anche io sono entrato in quel vortice del avere poca pazienza. Ultimamente l’uscita di un disco è diventata un evento mediatico. Sono davanti agli occhi di tutti gli esempi di Beyoncè e Kanye West. Lo stesso West che ha rimandato e poi fatto uscire in non so quante versioni “The Life of Pablo”. Un disco che, vuoi per tutti questi motivi, non sono riuscito ad apprezzare a pieno.
Marketing, polemiche e pagine di gossip inutile a mio modesto parere fanno passare in secondo piano la musica. Musica che ne risente. Sono sì, un bel giochino per tenere alta l’attenzione e far parlare di sé, ma poi la gente si ricorda maggiormente della telefonata di Kanye a Taylor Swift e dei vari scandaletti che del suo album. Io al momento non sono riuscito ad apprezzare Blonde di Frank Ocean e mi piange il cuore a dirlo. È un peccato. Ho compromesso l’ascolto di un progetto ragionato e pieno di dettagli. Ci ho provato, ho aspettato ore e giorni, ma niente. Probabilmente non capisco nulla e rimarrò nella mia ignoranza a vita. Ma ho comunque altri quattro anni per cambiare idea.