Glenn Hughes – Resonate

glenn-hughes-resonateQuando parliamo di Glenn Hughes parliamo di un mito vivente. Non solo vivente, ma che ancora calca i palchi e li incendia. Che ancora si piazza dietro il microfono e lo satura di potenza vocale, che fa ondeggiare le corde del suo basso con una maestria di altri tempi. La sua è una vera e propria attitudine, di un essere umano che è nato per fare rock.
Classe ’52, il suo curriculum è infinito, e di prestigio immenso. Ha suonato con i Deep Purple e Black Sabbath, tanto per citarne un paio da libri di testo del rock. Ha collaborato con tutti i più grandi musicisti del passato e contemporanei. La sua sensibilità di scrittura e vocale si adagia su radici blues e soul profonde, ma che spesso e volentieri si esprimono violentemente, secondo i crismi di quell’hard rock che lui stesso ha contribuito a far crescere e conoscere al grande pubblico.

‘Resonate’ è il suo ennesimo album solista, in attesa di tornare in uno dei suoi super gruppi e infinite collaborazioni, tra cui i Black Country Communion al fianco di Joe Bonamassa e Jason Bonham. L’album si apre con un suono potente, duro, del singolo ‘Heavy’. Il ritmo e l’energia sfoderata da questo signore sono incredibili, il ritornello mette in chiaro che ‘It’s So Heavy!’ ed è roba dura di certo, irresistibile, quell’hard rock puro e diretto senza fronzoli. Così anche la successiva ‘My Town’, il basso detta i ritmi a batteria e chitarra, Glenn e la sua voce protagonisti assoluto. In ‘Flow’ si ritrova l’atmosfera e la pesantezza dei riff condivisi con il suo amico Toni Iommi nel loro album ‘Fused’, e l’ascoltatore comincia già ad avere i primi dolori al collo, dolori da headbanging. Stessa impronta, con un altro pezzo che sembra uscire da quel ‘Fused’ da rivalutare, ‘Let It Shine’, che ad un riff sabbathiano di ultima generazione unisce una melodia in classico stile Hughes, resa piacevole dall’inimitabile tecnica vocale di Glenn, che come pochissimi nella storia unisce potenza e timbro, sensibilità e larghezza tonale da brividi.

In ‘Steady’ il funk fa capolino, grande passione di Glenn, e l’atmosfera si fa anni ’70. Il ritmo rimane altissimo, e non ci si riesce più a staccare dalla voce incredibile di Hughes, chiamato ‘The Voice Of Rock’ per niente a sproposito. ‘God Of Money’ ritorna ad un riff macigno, e le atmosfere si fanno più oscure, anni ’90. Glenn propone una visione altissima delle decadi del rock che lui ha attraversato partecipandovi attivamente, collaborando, calcando i palchi con le decine di band da lui e i suoi gruppi ispirate e condizionate, assimilando le varie correnti man mano che nascevano e morivano, danzando su di esse e nutrendosi. Ancora una corsa hard rock con ‘How Long’, prima di fermarsi con ‘When I Fall’, in un altro dei marchi di fabbrica di Glenn, la ballata introspettiva, dove in maniera magistrale e con una sensibilità unica il cantante britannico riesce a mettersi a nudo e raccontarsi regalando melodie indimenticabili. ‘Landmines’ torna nel funky di maniera, e Glenn continua a battere terreni a lui famigliari e consueti, ultra collaudati, e il risultato non può non essere di grandissimo livello. ‘Stumble & Co.’ è un rock più classico, leggero, ma che non abbassa ritmo e energia. ‘Long Time Gone’ chiude il viaggio, e si presenta con chitarra acustica, ancora inedita in ‘Resonate’. Le pianole, che hanno accompagnato in maniera costante i pezzi dell’album, accompagnano l’esplosione delle chitarre elettriche e dell’epicità di questo pezzo a metà tra power ballad e hard rock classico.

La passione di Glenn Hughes per la musica, la sua totale dedizione, è chiara in ogni suo lavoro, e questo ‘Resonate’ suona convincente come uno dei suoi migliori lavori in carriera, segno che a discapito di una vita votata agli eccessi di ogni genere, alcuni artisti sono nati per fare rock, e per portare avanti il messaggio musicale dei loro amici e colleghi perduti durante il viaggio.

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