[Alternative Metal] Mellowtoy – Pure Sins (2010)


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Il terzo album dei Mellowtoy giunge a ben quattro anni di distanza dal suo predecessore, “Nobody Gets Out Alive”. D’altronde il gruppo milanese oggi è molto diverso rispetto alla sua prima versione, e questi anni sono stati probabilmente spesi nella ricerca di quel cambio di direzione che, alfine, ha fruttato questo “Pure Sins”. Nel 2006 la band era giunta a suonare al Gods Of Metal, ma il nu metal à la Limp Bizkit di cui era fautrice stava perdendo rapidamente consensi, e la necessità di un’evoluzione del sound si faceva sempre più impellente, pena la non sopravvivenza del complesso. I primi a capirlo sono stati proprio i diretti interessati.

Così i Mellowtoy del 2010 si presentano con una formazione pesantemente rimaneggiata – fuori DJ Bioki e il rapper Ale, ossia i due elementi che più ancoravano il sound della band a quello nu, dentro un secondo chitarrista e un secondo cantante, rispettivamente Fred e Matt – e una proposta musicale che, pur non rinnegando affatto le origini, si è notevolmente affinata, muovendosi verso sonorità che ammiccano alle nuove mode. Fondamentalmente i Nostri conservano l’imprimatur di inizio Millennio, e ancora oggi ricordano gli Slipknot coverizzati dai Linkin Park (in pratica, violenza più ricerca del gancio melodico), eppure moltissime sono le influenze ricavate dal metalcore contemporaneo, soprattutto per quanto riguarda i riff di chitarra. Gli echi di As I Lay Dying, Bring Me The Horizon e degli ultimi In Flames riecheggiano in quasi tutti gli episodi dell’album, uniti ai consueti stop & go di matrice nu e ad alcune suggestioni industriali venate di dark (cfr. l’inizio di “The Antagonist”). L’uso dell’elettronica è molto meno marcato rispetto al passato, in compenso, grazie alla doppia voce, lo schema che vuole il ritornello cantato melodicamente e il chorus cantato in scream è molto sfruttato, anche se le eccezioni non mancano. A convincere è soprattutto l’energia di brani quali “To The Heartless”, “This Is Fire”, “Highway To Fall” e “Under Destruction” (forse la più metalcore del lotto, che paga evidenti debiti agli At The Gates nel riff portante), mentre meno riuscite sono “Lullaby”, cover dei Cure decisamente evitabile, e la ballad finale “Missing Smile”.

Nel complesso “Pure Sins” è un lavoro onesto e riuscito, e la mano esperta di Alex Azzali alla produzione (nel suo curriculum figurano nomi come Behemoth e Dismember) si fa sentire: i suoni sono perfetti per gli standard odierni, pulitissimi e giustamente compressi. Sicuramente questo è il loro lavoro più maturo, si sente che quattro anni non sono passati invano. Certo è sin troppo derivativo e ibrido; le influenze sono davvero tantissime e l’originalità non è molto accentuata. Eppure i Mellowtoy hanno ben poco da invidiare rispetto a formazioni più affermate nella cerchia dell’alternative metal di ultima generazione, e mi sento di consigliare l’ascolto di questo disco a tutti i fan del genere.

Stefano Masnaghetti

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