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Dopo il passo falso di Chapter VII, avevamo molta paura per il nuovo Sevendust. Fortunatamente “Splinter” impiega meno di un minuto per spazzare via tutti i nostri dubbi. Clint Lowery è tornato alla base e le linee di chitarra ne risentono positivamente, alcuni stacchi ricordano qualche refrain leggero degli Slipknot più recenti, le dissonanze che precedono i ritornelli melodici, marchio di fabbrica della band, riportano la mente a quelli che gli americani definiscono ‘early works’. E c’è tanta roba vecchia che ci ricorda “Seasons”, pezzi d’assalto e momenti più riflessivi ma non per questo privi di mordente (ascoltare “Confessions” ci ha davvero fatto ringiovanire di almeno sette/otto anni). Lajon Witherspoon si dedica maggiormente al cantato pulito (quando s’incazza fa comunque godere per carità), tuttavia l’aggressività e la profondità nell’interpretazione non vengono mai a mancare.
Senza piazzare colpi da ko ma tenendo la tensione costante “Cold Day Memory” si lascia ascoltare e non annoia nemmeno alla lunga distanza. Non avevamo disprezzato la svolta più ‘hardcore-ggiante’ di “Next” e “Alpha”, ma onestamente non vedevamo l’ora che la band recuperasse i propri tratti distintivi. Buonissimo ritorno.
Paolo Sisa