Conosciamo gli Atomic Bitchwax per essere buoni interpreti di un discreto stoner rock, che in oltre un decennio hanno spalmato su quattro dischi. Eppure non hanno mai sfondato né sono riusciti ad ergersi quali stelle di prima grandezza nel firmamento desertico del quale fanno parte. Nonostante il trio sia composto da ottimi strumentisti, fra i quali spicca il batterista Bob Pantella, ora in forze nei Monster Magnet, la loro è stata una carriera priva di picchi. Fino ad oggi.
Con “The Local Fuzz”, infatti, sono impazziti e hanno dato alle stampe un’unica jam session interamente strumentale della durata di 42 minuti. Che è anche la loro miglior prova discografica di sempre. Di fronte a un esperimento del genere la memoria corre alla catalessia di “Jerusalem/Dopsmoker” degli Sleep, ma qua il discorso è diverso. Non ci troviamo di fronte a lentezza ipnotica, al contrario gli Atomic Bitchwax conservano il loro stile di sempre, macinando catenate di riff che basterebbero a riempire altri 4 dischi e facendolo a velocità sostenuta, tranne alcune digressioni psichedeliche concentrate soprattutto nel mezzo della jam. Il resto è un susseguirsi di stoner, hard rock, blues, funk e persino qualche suggestione southern, che fa apparire “The Local Fuzz” un ibrido fra Karma To Burn, Fu Manchu, Kyuss, Blue Cheer e una versione più grezza, pesante e ‘casinara’ della Allman Brothers Band. E, perché no, qualcosa dei nostri King Bong più agitati. Aggiungete a tutto questo qualche rumorino vintage simil – space Hawkwind style e avrete un lavoro che, seppur privo di qualsiasi intervento vocale, non stanca mai e si lascia ascoltare tutto d’un fiato. Merito della qualità del riffing e di un affiatamento pressoché totale.
Il power – trio si trova già in tour per promuovere questo gioiellino, e dovrebbe giungere in Italia verso fine aprile. Se potete, andate a gustarvelo, perché è sulle assi di un palco che gli Atomic Bitchwax danno il meglio di sé.
Stefano Masnaghetti