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I Dødsengel (angelo della morte) sono un misconosciuto duo norvegese formato da Kark (voce) e Malach Adonai (credo che quest’ultimo si occupi dell’intera parte strumentale). “Mirium Occultum” è il secondo album, ed esce ad un anno dall’esordio “Visionary”. Non si sa molto altro di loro. Pare proprio che i due siano spuntati fuori dal nulla: manca qualsiasi collegamento con le più note band della scena, nessun nome storico li tiene a battesimo. Escono per una minuscola etichetta. In casi come questo c’è il vantaggio di potersi concentrare esclusivamente sulla musica composta dal gruppo, senza che nessun elemento esterno – dal lignaggio dei componenti alla spinta promozionale della label di turno – intervenga ad influenzare il giudizio finale.
E la musica contenuta in “Mirium Occultum” è davvero di qualità sopraffina. Oggi è difficile far meglio suonando black metal ‘ortodosso’, e i Dødsengel dimostrano di essere dei fuoriclasse in questo campo. Il lavoro è composto da cinque lunghi pezzi per una durata complessiva di 55 minuti. Nonostante la prolissità il disco non annoia mai, grazie a un perfetto bilanciamento fra up tempo e rallentamenti micidiali. Sono proprio i continui capovolgimenti di fronte, i passaggi acustici alternati alla ferocia del blast beat selvaggio alternato a sua volta a mid tempo della pesantezza del piombo a farne un’opera riuscita in ogni sua sfumatura.
Stilisticamente ci troviamo di fronte a un classico esempio di black che si potrebbe definire ‘neo tradizionalista’, ossia quel filone che viene comunemente etichettato come ‘religious black metal’; rispettoso sì del vecchio modo di fare, ereditato dalla seconda ondata dei primi anni Novanta, eppure desideroso di cambiare qualcosa, sia a livello lirico sia a livello musicale. Questo secondo aspetto è quello che c’interessa, e in questo senso i Dødsengel fanno propria la lezione di nomi quali Deathspell Omega, Funeral Mist e, perché no, Ondskapt: un suono compresso e violentissimo, quindi, dal riffing intricato e spossante, un’atmosfera intrisa di follia in continua esplosione, enfatizzata da uno scream contorto e allucinato. In breve, una maniera interessante per rimanere nell’alveo della tradizione ma in grado, allo stesso tempo, di superare il dualismo fra scuola norvegese e scuola svedese.
“Mirium Occultum” è tutto questo, un continuo soffermarsi sulla visione della morte, in bilico fra la tentazione di sottrarsi ad essa e l’abbandono alla pazzia più annichilente. Con questi complessi di nuova generazione sono cambiate, in parte, le visioni mentali che il black metal, nella maggior parte dei casi, provocava in passato: non più foreste e ghiacciai perenni, bensì orride catacombe infestate dal morbo e dalla decomposizione.
Non rimane che da citare lo scream agghiacciante dell’opener “Azonei Wyrdwalker”, violentata da folate di riff velocissimi e disarmonici; i 19 minuti di “Evocation of Amezarak”, brano che sintetizza il meglio dell’arte dei Dødsengel, e che non sfigurerebbe affatto in capolavori del calibro di “Si Monumentum Requires, Circumspice” (Deathspell Omega) o “Salvation” (Funeral Mist); il riff alla Burzum di “Alor Mal Ki”, inserito però in un contesto più movimentato rispetto all’originale. Sono questi gli episodi più riusciti di un album che ogni appassionato di black metal non deve assolutamente lasciarsi sfuggire.
Stefano Masnaghetti