[Black Metal] Iskald – Revelations of Reckoning Day (2008)
Ruin of Mankind – A Breath of Apocalypse – Warriors of the Northern Twilight, Part II – Endtime – The Orphanage – Det Stilner Til Storm – Tartarus – Journey to Hel – Dommedag
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Gli Iskald si ripresentano sugli scaffali a due anni di distanza dal loro debutto targato Shades of Misery, che tanti bei riscontri da parte della critica aveva ottenuto.
Revelations of Reckoning Day prosegue sulla scia stilistica tracciata dal suo predecessore attraverso un lotto di nove canzoni il cui minutaggio medio, tolti un paio di brani, si aggira tra i 5 o 6 con picchi di nove.
Lo stile degli Iskald è indubbiamente black metal, e la produzione tende a rendere glaciale i contenuti. Ruin of Mankind – la opener – parte subito spedita e mette in chiaro la proposta, senza però concentrare in se stessa l’intero indirizzo stilistico, che è molto più consistente della semplice velocità di esecuzione: si può respirare a pieni polmoni l’epicità, quella stessa che li accomuna in un certo qual modo agli ultimi Immortal. Ne è un esempio la thrasheggiante The Orphanage, il cui ritmo è cadenzato, ma vede diversi cambi al suo interno; ad esso si aggiunge un’atmosfera che trasuda inverno da ogni poro, così come esplicitamente mostrato nella splendida copertina. Tartarus è invece un brano di breve durata, si fonda proprio sulla carica epica poc’anzi citata: gli stacchi e i giri di batteria marziali fanno di esso un highlight del platter.
Il quintetto di Sortland mostra la sua ispirazione grazie anche agli inserti melodici che rompono la ferocia dei brani più articolati: esempi ne sono a questo proposito Warriors of the Northern Twilight, Part II e la succitata The Orphanage.
Det Stilner Til Storm, di contro, è una song al cui interno si possono trovare ancora echi della band di Abbath, nonostante sia sorprendente come gli Iskald siano stati in grado di aggiungere ad un impianto ben consolidato come questo, dei riff tipicamente thrash metal senza farli risultare forzati.
Revelations of Reckoning Day è, in conclusione, un full length cui si può e si deve dare un’opportunità. Non sconvolgerà il black metal, non spaccherà in due gli ascoltatori come nel caso dei Deathspell Omega, ma ha un suo preciso valore. Suona malvagio, freddo, ma non è eccessivamente old style. Da scoprire.
Andrea Arditi