In The Arms Of Perdition – Furtive Monologue – Quarantine – The Ills Of Modern Man – A Fractured Hand – Sheltered Reminescence – Nameless – Tears Of The Blameless – Oval Shaped Incisions – Fainted Blue Ornaments
http://www.despisedicon.com/
http://www.centurymedia.com/
Endless Cycle of Violence – Divination & Volition – Molting – Touched By an Angel – Vaporized – Heptarchy (In the UK) – G.lobal O.verhaul D.evice – Let Them Hate So Long As They Fear – The Omega Point – Megacosm of the Aquaphobics – Ov Vicissitude – Hidden Track
http://www.cephaliccarnage.net/
http://www.relapse.com/
Per l’appuntamento ciclico con mal death-esta (dopo questa verrò licenziato, ndP.L.), sottoponiamo alla vostra attenzione due gruppi assolutamente degni di nota, che sono emersi con prepotenza nel sovraffollato panorama estremo degli ultimi anni.
Non so perché ma mi ha sempre fatto ridere il termine ‘deathcore’ ma in questo caso da ridere non c’è proprio nulla, visto che i Despised Icon hanno creato un ibrido praticamente esemplare tra il death brutale e i breakdown devastanti che caratterizzano l’hardcore. Non c’è traccia di melodia o di aperture vocali inaspettate, ma il connubio funziona e, cosa importantissima, non annoia. Indiscutibile la preparazione tecnica dei ragazzi, il drummer Alex Pelletier è una macchina da guerra a tratti esagerata, ma si sa che in campo brutal è più importante essere piovre che avere il feeling per suonare una Highway To Hell qualsiasi…A parte questa che potevo risparmiarmi, “The Ills Of Modern Man” è uno dei centri pieni dell’anno, da ascoltare.
Passiamo agli americani Cephalic Carnage. Il nome è di quelli cattivi cattivi, l’album è il quinto ed è un ensemble mica male di brutal tiratissimo, schizzi grind e inserti quasi jazzati. Inutile starvi a dire quanto le partiture siano incasinate, intricate e proposte con disarmante nochalance dal quintetto di Denver, capace di coinvolgere dall’inizio alla fine con una serie di soluzione tutt’altro che scontate. Su tutti i pezzi proposti, segnalo “G.lobal O.verhaul D.evice”, con abbondanti tracce di doom, e “Let Them Hate So King As They Fear”, delirio quasi grind a velocità assurda. Disco da non perdere per chi è interessato a farsi malissimo con death ultratecnico non fine a sé stesso e suonato da gente controcoglionata. Dolcissima in conclusione l’ultima traccia, da ascoltare in momenti particolarmente intimi…
P.L. & J³