[Dark] Neronoia – Un Mondo In Me (2006)

I – II – III – IV – V – VI – VII – VIII – IX – X

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Il sodalizio Berchi – Pedretti (rispettivamente leader di Canaan e Colloquio, le più significative presenze del panorama musicale Italiano, e non solo) non poteva creare opera più bella.
Rispetto all’ultima fatica dei Canaan, “The Unsaid Words”, la musica dei Neronoia assume toni se possibile ancora più cupi e indefiniti; ogni levigatezza estetizzante è bandita, ciò che rimane è un unico flusso opaco dall’incedere quasi catatonico, un flusso nel quale il male di vivere viene osservato dall’esterno, quasi che l’anima si fosse estraniata da se stessa.
Un irreversibile processo di alienazione, quindi, grazie a cui la tragedia di una vita senza senso viene vista in una paradossale quanto agghiacciante prospettiva “neutra”. Se il discorso musicale prende le mosse dal dark – doom di “A Calling To Weakness”, la componente lirica di “Un Mondo In Me” si differenzia profondamente da quest’ultimo: nella chiamata alla debolezza era presente tutta l’urgenza di un insopprimibile, lancinante urlo di dolore, colto nell’attimo in cui esso si manifesta.
Nei testi, nella voce e nelle atmosfere di questo disco, invece, le emozioni si sono come sedimentate nel profondo dell’animo, della psiche, e riemergono apatiche, sfinite, immerse nello spleen più profondo (cfr. la seconda e la quarta traccia). Per questo l’intero progetto ha il nome, molto appropriato, di Neronoia. Per questo, d’altra parte, il titolo del disco è “Un Mondo In Me”, altra scelta non affatto casuale: ossia, come già dicevo qualche riga sopra, un sondare il microcosmo interiore con la consapevolezza di non poter far nulla per riscattarsi dalla vacuità da cui si è circondati.
Inutile aggiungere che il duo è ai suoi massimi storici e che le vette toccate da Canaan e Colloquio, nei loro momenti più alti, sono state eguagliate se non addirittura superate: forse mai Berchi e Pedretti si erano spinti tanto lontano nei territori dello sconforto e dell’angustia. Con enorme ritardo, lo proclamo mio disco dell’anno. Abissale.

S.M.

 

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