In breve anche qua ciò che è rimasto fuori.
Immolation – Shadows in the light: settimo sigillo per questi intransigenti deathsters, pochi fronzoli e legnate a nastro. Peccato per una produzione che definire infame è un complimento.
The Black Dahlia Murder – Nocturnal: ora provano a metterci anche un po’ black metal. Insomma ai ragazzi non manca la voglia di sperimentare, però comincia a sentirsi l’assenza di una chiara direzione verso la quale i Nostri vogliono spingersi. Il disco comunque è gradevole, più veloce del precedente e meno orientato allo swedish.
Enthroned – Tetra Karcist: ritorno senza botto per la band Belga. Disco poco ispirato e per nulla vario. I blackster si sono arrugginiti?
Gorefest – Rise To Ruin: tornano al death degli esordi I Gorefest, lasciando dap arte quella svolta entombed-iana di death and roll post reunion? Han fatto bene? Il disco è potente e accattivante, tuttavia un chiaro segnale di paraculaggio dopo aver provato strade alternative e aver fatto fiasco.
Behemoth – The Apostasy: il disco può lasciare deluso chi s’aspettava qualche evoluzione del sound, ma per chi cercava brutalità assassina e momenti evocative questo è probabilmente uno dei migliori momenti dell’anno. Osannati ovunque, se la passano bene anche qua da noi, raggiungendo probabilmente il picco della propria carriera.
Red Harvest – A greater darkness: Un buon connubbio di industrial e attitudine black metal. Non c’è posto per la tranquillità nel decimo album dei norvegesi, in un album che richiede comunque qualche ascolto in più per non farsi catalogare semplicemente come ‘legnate una via l’altra’.
Watain – Sworn To The Dark: integralisti blackster come non se ne vedevano da un po’, i Watain ammorbidiscono un attimo il tiro, per cercare di allargare la base dei consensi. Meglio il debut, Sworn resta comunque un lavoro più che dignitoso.
Deathspell Omega – Ite, Maledicti, In Ignem Aeternum: disco consigliato a chi cerca sempre esperienze estreme e nuove nel campo della musica. Si parla troppo facilmente di caos, di armageddon e via dicendo, tuttavia se vi entra in circolo potrebbe davvero fornirvi una buona definizione di delirio. Potrebbe anche farvi schifo, però è obbligatorio un ascolto se rientrate nella categoria di persone descritta sopra.
Between The Buried and Me – Colors: posto che sono tra i pochissimi che provano davvero a inventare qualcosa, non fate l’errore di considerarli una semplice band che incastra mille cose insieme e a caso. Il disco è una bomba, consigliato a chi ama il death tecnico e qualche divagazione sul tema, una delle migliori uscite outsider di fine anno. Promesse.
P.L.