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In un’era nella quale anche il più banale dei mestieranti viene fatto passare, anche grazie a dei suoni spaventosi (che si possono creare facilmente, con le tecnologie odierne), per “gruppo della madonna imprescindibile”, arrivano al primo disco gli ellenici Mencea, che puntano palesemente ad ottenere i consensi di chi fa della musica svedese uno stile di vita.
Niente di nuovo dal fronte: tutti i brani presenti su questo “Dark Energy Noir” sono un copia-incolla di quanto fatto in passato da band del calibro di Meshuggah (l’incipit di “The passing” è una personale rivisitazione di quello di “Future breed machine”), The Haunted (nelle parti più melodiche), vecchi In Flames e Soilwork. Di fronte ad una tale banalità ed originalità prossima allo zero, è da dire che questi Mencea presentano dei brani basati su tempi molto veloci e una certa varietà nei riff riproposti. Belle canzoni (la già citata “The passing”), ma che spesso risultano banalotte o, peggio, non affascinano l’ascoltatore, per un lavoro nel quale neanche la voce di Andreas G riesce a sollevarsi da un giudizio mediocre. Un peccato perché, spesso, il ruolo del cantante, vedi Engel, è stato la spinta che ha trainato band che altrimenti sarebbero risultate banalotte.
Un disco contenente bei brani, ma che personalmente non consiglierei a nessuno: non è il luogo per fare dei nomi, ma in giro ci sono band migliori (non originali, ma che almeno prendono il materiale altrui e lo rielaborano in maniera più personale) di questi Mencea.
Nicola Lucchetta