List Of Dead – Blood To Give – Lost – Outside My Head – Payback – Your Darkest Day – This Life – See Me Now – Fields Of Pain – Violent Dreams – Truth Be Told – Forces Realign – Left To Die
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Non voglio farla troppo lunga per l’ultimo Obituary. Tutti sappiamo chi sono, da dove vengono e quanto siano stati importanti per lo sviluppo del death metal più classico. Quello che più fa fede al proprio nome, quello ossessionato da morte, sangue e immagini di corruzione. Su quest’immaginario gli Obituary ci hanno costruito una carriera, fra le più importanti e significative (anche in termini puramente commerciali) del metal estremo. Una ricetta musicale tanto semplice quanto geniale, la loro: esasperazione del riffing dei Celtic Frost, condotto fra rallentamenti sabbathiani e improvvise accelerazioni slayeriane, mentre il growl di John Tardy, fra i più putrescenti e ferali dell’intera scena, completa l’abominevole quadro sonoro.
“Darkest Day” è tutto questo più la lieve innovazione costituita dalla chitarra solista di Ralph Santolla, già presente nell’insipido “Xecutioner’s Return” (il punto più basso mai toccato dal gruppo). La differenza è che questa volta i suoi assoli, che nel disco precedente erano del tutto fuori contesto, riescono ad inserirsi meglio nella struttura dei brani e a non suonare posticci: così accade in “Lost” e in “Payback”, fra le canzoni migliori del disco, nelle quali il consolidato stile della band floridiana risulta impreziosito da questa inedita componente marcatamente melodica. Ma a convincere è tutto l’album, tanto che “Darkest Day” è probabilmente il miglior lavoro post reunion del complesso. Più vario e leggermente più ricercato anche rispetto a “Frozen In Time” ed al suo totale immobilismo stilistico. Più grintoso ed ispirato. Soprattutto nella prima parte, forte di pezzi come le veloci e potenti “List Of Dead” e “This Life”, a cui si contrappongono i lenti macigni sonori di “Blood To Give” e “Your Darkest Day”; e in “Outside My Head” John Tardy sfodera una prova vocale d’altri tempi. Nel finale la qualità subisce un lieve calo, tuttavia “Left To Die” e la thrasheggiante “Violent Dreams” sono pezzi più che dignitosi.
I livelli dei primi quattro album, ovviamente, sono molto distanti. Soprattutto manca una “Slowly We Rot”, una “Chopped In Half”, una “Sickness”, insomma un pezzo in grado di diventare un loro nuovo classico. Ciononostante, “Darkest Day” è un buon disco, imperdibile per i fan più accaniti, comunque interessante per tutti gli appassionati di death metal. Pare proprio che gli Obituary si siano lasciati alle spalle i giorni più bui.
Stefano Masnaghetti