[Death Metal] Psycroptic – Ob(Servant) (2008)

Ob(Servant) – A Calculated Effort – Slaves Of Nil – The Shifting Equilibrium – Removing The Common Bond – Horde in Devolution – Blood Stained Lineage – Immortal Army Of One – Initiate

http://www.psycroptic.com/
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http://www.nuclearblast.de/

L’inarrestabile scalata degli Psycroptic è arrivata a una fase delicatissima: nuovo contratto con la label più potente del settore, l’onnivora Nuclear Blast, e la necessità di riconfermare le tre perle messe a segno coi dischi precedenti, senza lasciarsi traviare dalle nuove opportunità che un contratto così importante (e finalmente pienamente meritato) può offrire.

In altre parole, coerenza e fermezza, rimandando a casa tutti i mugugni tipici dell’ascoltatore estremo quando una band fa il grande salto, dalle etichette più o meno specializzate, alla “grande” distribuzione. Possiamo allora rassicurare tutti dicendo che gli Psycroptic sono rimasti gli stessi, musicisti dal gusto raffinato e dalla tecnica esuberante, fedeli al proprio tipico stile. Ovviamente, per chi conosce l’evoluzione della band, Ob(Servant) è un disco con personalità propria e caratteri distintivi ben precisi, sicuramente non il miglior parto degli australiani (come sostenuto da David Haley in sede d’intervista) ma un prodotto genuino, ben oltre la media dello standard attuale, e con un paio di pezzi da urlo.

Lo schema compositivo rimane sempre il punto di forza dei nostri, con riff a tonnellate, cambi di tempo a pioggia, variazioni repentine e sempre fantasiose, con la consueta capacità di trarre una sintesi da tutte le idee che il principale compositore, il chitarrista Joe Haley, riesce a sprigionare con la sua sei corde. Contestualizzando Ob(Servant) nella discografia degli Psycroptic, si può affermare che questo nuovo lavoro guarda maggiormente al passato, tornando a dare più spazio alla vena melodica della band, come in The Scepter Of The Ancients, facendo affiorare la violenza di Symbols of Failure in modo più oculato. Un lavoro che, pur rinnovando la complessità del riffing, riesce ad essere atmosferico come mai prima d’ora, come in A Calculated Effort o nella conclusiva Initiate, e apportare dunque ulteriori elementi al già ricco sound della casa, mitigando leggermente la frenesia di Haley e compagni.

Unici appunti: la voce di Jason Peppiatt, che abbraccia il cantato hardcore (inflessioni… sia chiaro) al posto del grugnito tanto caro, e la produzione, eccessivamente pulita, col rischio di appiattire la resa delle canzoni. Per il resto, l’ennesima prova di una formazione che ha trovato una via personale per esprimersi sin dal primo giorno, e che continua a produrre dischi di qualità.

Stefano Risso

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