“Stay Brutal” si diceva qualche anno fa. Probabilmente si dice ancora, il fatto è che questo 2006 è stato un anno pazzesco per il death. Un sacco di uscite di qualità elevata come non si vedeva da molto tempo, per tutti i gusti e palati, una vera manna dal cielo.
Cominciamo dai nomi grossi. I Napalm Death con “Smear Campaign” e l’immancabile dose di death/grind confermano (ma ce n’era bisogno?) la propria leadership nel campo estremo. Dopo 20 anni Shane Embury e compagni hanno ancora voglia di lanciarsi in esperimenti apparentemente folli (la vedete voi una female vocals in un album dei Napalm? Eppure qua c’è Anneke dei The Gathering…) e di tritare tutto ciò che capita loro a tiro. Inossidabili anche i Cannibal Corpse che con “Kill” trovano probabilmente l’episodio migliore degli ultimi dieci anni. Fischer è in formissima e il brutal della band di Buffalo è tornato a livelli inarrivabili per chiunque, e in molte tracce ritorna a fare capolino il thrash riletto in chiave estrema che aveva fatto grandi i primissimi dischi dei macellai.
Sempre in zona brutal troviamo i Krisiun con “Assassination“. I Brasiliani conservano l’approccio no compromise col death, ma riescono a incidere il miglior disco della loro carriera, evitando di incasinare il tutto con produzioni dubbie ed esecuzioni eccessivamente veloci. Blast beat a manetta anche qua ma c’è una costruzione dei pezzi ben chiara rispetto al passato. In termini di intricatezza e strutture complesse citiamo ora gli Spawn Of Possession, che con “Noctambulant“, il secondo album della propria carriera, arrivano vicini ai confini del delirio musicale. Costruzioni musicali schizofreniche ma incredibilmente studiate e ricercate, di difficilissima assimilazione per l’ascoltatore che però una volta trovata l’uscita dal labirinto sonoro si troverà di fronte a un disco dal valore elevatissimo.
Di valore indubbio anche “Organic Hallucinosis” dei Decapitated, che ripropone il concetto di meccanicità e freddezza assoluta, che Meshuggah e anche Strapping Young Lad hanno reso celebre, in chiave death metal. Promettente gruppo polacco i Decapitated, compaesani dei più noti Vader, autentica istituzione del genere: “Impressions In Blood” è l’ennesimo lavoro integerrimo e inappuntabile dei nostri.
Concediamo spazio giustamente a una realtà italiana che torna a incidere uno studio album dopo 4 anni dall’ultimo: sono i Gory Blister, autori con “Skymorphosis” di un disco fantastico, molto vicino agli ultimi Death del compianto Schuldiner, a cui in passato sono stati spesso accostati.
Passiamo al death metal “vichingo” degli Amon Amarth, che con “With Oden On Our Side” trovano un buon disco, che si colloca sotto il debutto datato 1997, risultando privo di cali di tensione e ricco di brani ricchi di epicità e legati ai primi tempi in cui gli svedesi si muovevano nella scena europea.
Restiamo in zona death-contaminato, per segnalare il debut album dei Bring Me The Horizon, band di ragazzini che a vederli fanno tanto emo-core. Semmai facevano, perchè questi sono incazzatissimi (o almeno fingono di esserlo riuscendoci benissimo) e suonano death con breakdown metalcore ma nessuna concessione alla melodia, scream e growl dei tempi andati e death svedese in un connubbio che non sarà il massimo dell’originalità ma potrebbe essere un punto di partenza importante per questa band, già pompatissima da Kerrang e affini. Insomma disco divertente e da non ignorare.
Concludiamo la nostra rapida rassegna ricordando Jon Nodtveidt, scomparso nel 2006. Non ci interessa aprire dibattiti sulla sua morte e su tutto quello che riguarda il frontman al di fuori della musica. L’ultima testimonianza dei suoi Dissection “Reinkaos” è uscita a maggio e non è stato sicuramente un addio alle scene convincente, visto che l’album in questione non presentava spunti degni di nota. Vogliamo soltanto chiudere il riassunto sull’estremo salutando per l’ultima volta la mente del gruppo che ha prodotto “The Somberlain” e “Storm Of The Light’s Bane”.
P.N. & J³