[Doom Metal] Pantheist – Journey Through Lands …

[Doom Metal] Pantheist – Journey Through Lands Unknown (2008)

Deliverance – Unknown Land – Dum Spiro Despero – Haven – Oblivion – The Loss Of Innocence – Eternal Sorrow – Mourning The Passing Of Certainty (Despair As The Sky Turns Grey)

http://www.pantheist.co.uk
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La palma di disco più coraggioso dell’anno se l’aggiudica questo “Journey Through Lands Unknown” dei redivivi Pantheist, che dopo un lavoro di maniera come “Amartia” decidono di abbandonare ogni indugio e di comporre qualcosa di realmente sperimentale, ormai ben al di là dei canoni imperanti nel funeral doom.

Qualche brevissimo cenno storico: la band belga sale agli onori della cronaca nel 2003, anno d’uscita di “O Solitude”, album che abbaglia schiere di appassionati, i quali fin da subito eleggono i Pantheist degni prosecutori del sentiero tracciato anni prima da nomi come Thergothon, Skepticism ed Esoteric. L’opera è davvero monumentale, e le aspettative che accompagnano l’uscita della successiva, la già citata “Amartia”, sono molto alte. Quest’ultimo disco è sì un buon lavoro, ma, a causa di un’eccessiva standardizzazione del suono, non colpisce nel segno come dovrebbe. Passano quindi tre anni ed eccoci giunti al 2008 e a quest’ultima, incredibile emissione.

“Deliverance” spiazza subito l’ascoltatore, offrendo un mix letale di ritmiche doom, riff thrash, spunti death e, infine, aprendosi al sound dell’organo hammond (qui imitato dalle tastiere), in una progressione irresistibile: da notare anche l’uso del theremin, pure presente in quasi tutti i brani successivi. Ancora più stranianti risultano le successive “Unknown Land” e “Dum Spiro Despero”: la prima, grazie anche all’utilizzo del santoor (strumento cordofono indiano), elabora scale orientali, mentre la seconda si sviluppa a partire da un colossale riff anni Settanta, mischiando i suoni sempre più vintage delle tastiere e il groove chitarristico a solenni impalcature doom. Evidentemente la psichedelia e il progressive, dopo gli Opeth, hanno mietuto un’altra vittima. In queste tracce, che stravolgono totalmente il suono originario dei Pantheist, si possono notare anche echi della follia che da sempre contraddistingue il percorso artistico di Aarni: non che si arrivi a quei livelli, ma il senso di disinvolto eclettismo è notevole.

La seconda parte dell’album ritorna su lidi più conosciuti, dimostrando che i Nostri non hanno abdicato del tutto alla loro vecchia cifra stilistica. Così “Oblivion” è una classica e lentissima marcia funebre, “The Loss Of Innocence” si nutre di umori classici, e “Eternal Sorrow” esibisce chitarre limacciose e ribassate, dialoganti con eterei accordi di tastiera. Continua, però, l’uso di strumenti eterodossi, quale ad esempio il baglamàs, sorta di piccolo bouzouki, e soprattutto non viene meno la voglia di osare arditi accostamenti timbrici (cfr. la conclusiva “Mourning The Passing Of Certainty”).

“Journey Through Lands Unknown” sta già facendo discutere tantissimo, e presumibilmente scontenterà molti fan della band. Effettivamente non tutto è perfetto, si nota una vena d’incertezza tra le pieghe del disco, e alcuni episodi non sono completamente a fuoco. Ma la musica, per potersi evolvere, ha sempre bisogno di gente che sappia rischiare.

Stefano Masnaghetti

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