[Doom Metal] Skepticism – Alloy (2008)

The Arrival – March October – Antimony – The Curtain – Pendulum – Oars In The Dusk

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Anche questa volta, la nuova emissione degli Skepticism arriva senza clamori né roboanti proclami: da sempre dell’avviso che la musica venga prima di tutto, il quartetto finlandese non si smentisce neppure con “Alloy”. D’altronde stiamo parlando di un gruppo cardine della storia del doom, senza il quale non si sarebbe mai arrivato a parlare del cosiddetto funeral, sottogenere creato fondamentalmente da loro, dai connazionali Thergothon e dagli inglesi Esoteric (anche se questi ultimi si sono sempre distinti, fin dagli esordi, per la maggiore propensione verso commistioni con una psichedelia apocalittica e malata). Con un curriculum del genere, parole e dichiarazioni passano in secondo piano.

“Alloy” giunge a cinque anni di distanza dal precedente “Farmakon”, lasso di tempo nel quale la band non ha pubblicato assolutamente nulla. Ma tanta attesa è stata abbondantemente ripagata. Prima di tutto, perché gli Skepticism non rinunciano al loro inconfondibile stile, che li ha resi punto di riferimento per una pletora di musicisti; in secondo luogo, perché questa fedeltà a sé stessi non ha mai soffocato la capacità di differenziare le loro opere, che di volta in volta si caratterizzano per l’aggiunta di sfumature diverse e di piccole variazioni alla formula – base. Il nuovo album è ulteriore testimonianza di questo modo di procedere.

Questa volta abbiamo a che fare con un lavoro piuttosto breve, di poco più di tre quarti d’ora. Si tratta di un preciso segnale, dal momento che anche le composizioni risentono di tale brevità: in passato i finnici non avevano mai suonato così compatti e impenetrabili, prediligendo la maestosità e la rarefazione fonica alla pastosità dell’insieme. In “Alloy”, invece, i sei pezzi che lo compongono si distinguono tutti per un wall of sound sì cupo e plumbeo, come da tradizione, ma anche spesso e soffocante: le chitarre sono ancor più ribassate che in passato (cfr. i riff agonizzanti di “March October”), e il lavoro dietro le pelli di Lasse Pelkonen è meno raffinato rispetto a quanto fatto su release quali “Aes” e “Lead And Aether”, ma guadagna in profondità e pesantezza. Altro elemento di novità può essere riscontrato nel suono delle tastiere: certo, da sempre negli Skepticism questo strumento riveste un’importanza fondamentale; però in passato il loro ruolo non aveva mai assunto dimensioni così preponderanti da diventare protagonista assoluto, come oggi invece accade in “Antimony”. Oltretutto, l’imitazione del timbro organistico e l’aspetto lugubre e mortifero delle stesse viene accentuato, irrobustendo ulteriormente l’atmosfera tetra e liturgica di “Alloy”. A non essere cambiato di una virgola è il growl di Matti, che si conferma uno dei più espressivi in circolazione.

Meno celesti ed eterei, più terrigni e concreti, sempre inimitabili: gli Skepticism dimostrano di essere “leaders, not followers”, e “Alloy” è un degno pretendente al titolo di miglior disco doom dell’anno, assieme all’altrettanto splendido “The Maniacal Vale” degli Esoteric.

Stefano Masnaghetti

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