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I Witchsorrow sono un trio inglese, qui al loro debutto assoluto. Un paio d’anni fa pubblicarono un demo di due pezzi, che oggi vengono inclusi in questo album omonimo. Il disco esce per Rise Above e si presenta con un’illustrazione di Gustave Dorè in copertina. Insomma, impossibile sbagliarsi: abbiamo a che fare con un gruppo di doom duro e puro, che interpreta questo stile nella maniera ‘classica’, seppure utilizzi qualche correttivo per rendersi leggermente più originale rispetto alla media dei cloni dei Black Sabbath. E ci riesce, nonostante non tutto sia perfetto.
Sul suo myspace la band, alla voce ‘influenze’, cita quasi tutta la crema del doom metal e affini. Tra i vari nomi, però, se ne possono tranquillamente isolare tre: Black Sabbath, Cathedral ed Electric Wizard. Dai primi i Witchsorrow mutuano, ovviamente, l’impianto di base e la tradizione del riff lento e ossianico, ma estremizzano tutto ciò grazie al trucchetto dei primi Cathedral, quelli di “In Memorium” e “Forest Of Equilibrium”, ossia rallentare e ‘sporcare’ ulteriormente la musica di Iommi e soci, passando da 33 a 16 giri al minuto. Detto questo, nonostante i tempi dei cinque lunghi brani (tutti fra i 6 e 12 minuti) siano quasi costantemente rallentanti e prossimi alla catatonia, non mancano alcune accelerazioni: ad esempio in “Gomorrah”, il cui riff portante ricorda quello di “Symptom Of The Universe” (ancora il Sabba Nero, già), anche se continuamente interrotto dai consueti rallentamenti abissali. C’è poi la terza influenza, quella degli Electric Wizard, che informa soprattutto il timbro degli strumenti: basso e chitarra sono, infatti, saturi, grassi e pesantissimi, in grado di lambire, a volte, gli estremi dello sludge e del funeral doom; accade soprattutto nella marcia funebre iniziale di “The Agony” e nel monolite nero pece di “The Trial Of Elisabeth Clarke”. Le ultime due tracce, invece, vivono soprattutto delle suggestioni carpite da Lee Dorrian e accoliti: “Thou Art Cursed” può riportare alla mente le atmosfere fosche di “Templars Arise!” (da “Endtyme”), ma i riff panzer dello Stegone Elettrico sono ancora dietro l’angolo, mentre “Impaler, Tepes” è un po’ più vivace, ideale anello di congiunzione fra “Forest…” e “The Ethereal Mirror”.
Quello che stona leggermente è la voce di Nick “Necroskull” Ruskell, una specie di ibrido fra Dorrian e Justin Oborn, non molto personale e piuttosto ordinaria, che non riesce ad essere particolarmente incisiva. A parte questo, però, i Witchsorrow sono davvero un ottimo gruppo di artigiani, musicalmente preparati e in grado di sfruttare a meraviglia tutti i cliché del genere, fra oscuri presagi di morte, roghi di streghe e cupi borghi immersi nella nebbia. La Rise Above non ha sbagliato neppure stavolta, e questo lavoro è caldamente consigliato a chi fa colazione con i Count Raven e si addormenta con i Candlemass.
Stefano Masnaghetti