Permanent Ice – Decrepitude – You Get What You Want – The Air Exits, The Sea Accepts Me – Scarlet – Wake Up And Smell The Corpses – Firebrand – In Self/Infinite – Where The Unbelievable Is Ordinary
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Il terzo disco degli Unearthly Trance, e primo per Relapse, è un buon riassunto delle puntate precedenti: da un lato si recuperano i passaggi più veloci e furiosi, quasi al limite del black metal, che caratterizzavano il loro esordio “Season Of Seance, Science Of Silence”, come si può ben notare dagli up – tempo schizzati di “Wake Up And Smell The Corpses” o di “You Get What You Want”, mentre dall’altro il trio decide di calcare ulteriormente la mano su composizioni ultra – lente e dal flavour apocalittico, caratteristiche che erano emerse pienamente nel precedente “In The Red”: la conclusiva “Where The Unbelievable Is Ordinary”, nel suo incedere asfissiante e claustrofobico, coniuga le visioni mentali dei Neurosis e certo sludge ultramarcio di marca Electric Wizard e Teeth Of Lions Rule The Divine, e “The Air Exits, The Sea Accepts Me” fa ancora meglio, ricordando nella sua dinamica doom – hardcore mostri sacri del suono fangoso quali Crowbar e Eyehategod. Un album che fa della dicotomia lentezza/velocità il suo punto di forza, e che dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che il combo newyorkese conosce perfettamente la materia musicale doom – sludge, che utilizza con abilità, bravura e un tocco di personalità (e questo è già un punto a loro favore). Sicuramente questo è il loro lavoro più maturo, forse il migliore in assoluto, e l’amalgama sonoro complessivo ricorda molto da vicino quanto fatto dai grandissimi Yob, specie nelle parti più ipnotiche e dilatate; e questo è uno dei migliori complimenti che si possano far loro. Rimangono degli epigoni di realtà musicali ben più grandi e ben più innovative: oltre ai nomi già citati, questa è roba che i Melvins, nella loro prima incarnazione, avevano teorizzato e messo in pratica molti anni fa, e che gli Esoteric hanno estremizzato e portato al grado di pesantezza attuale. Nonostante tutto, “The Trident” rimane un bellissimo esempio di come si possa suonare doom estremo e risultare ancora parecchio interessanti, nel 2006.
S.M.