Sarebbe ingeneroso fare gli schifiltosi con l’ultimo Electric Wizard, elencandone tutti i difetti e le imperfezioni, puntando il dito verso ogni minima sbavatura, lungaggine o autocitazione. In fin dei conti, la band della coppia Oborn/Buckingham è arrivata all’ottavo album in studio, ha già scritto almeno due o tre capolavori dell’underground doom più malsano e allucinogeno, creato un culto sotterraneo e contribuito alla creazione di un sottobosco estremo in molti casi assolutamente interessante. “Time To Die” è un lavoro un po’ di maniera, ma ha dalla sua una produzione tostissima (al contrario, il punto debole di un altrimenti ottimo disco come “Witchcult Today”), alcune atmosfere azzeccate, qualche spezzone di sconosciuti documentari su satanismo e affini piuttosto divertente e un paio di pezzi d’eccezione.
Il sound è grossomodo lo stesso di tutta la carriera del gruppo e i richiami al passato si sprecano: “Incense For The Damned” si strascica per quasi 11 minuti alla maniera di “Dopethrone”, mentre la title-track deve qualcosa a “We Live”. Sono comunque due tracce più che convincenti, e quando hai alle spalle una storia così gloriosa è pure normale sfruttarne il riflesso. Il meglio lo offrono, probabilmente, il basso gigantesco e il lercissimo riff di chitarra che imbastiscono “I Am Nothing”, la più sludge del lotto, ma interessante è anche “Funeral Of Your Mind”, più orientata verso lo stoner, quasi un pervertimento dell’acid rock di fine Sessanta. Le idee, per forza di cose, non sono così rigogliose come un decennio fa, e allora i Nostri allungano il brodo con continui svalvolamenti psichedelici, cincischiamenti con distorsioni varie, pulviscoli sonori che sbattono qua e là, ammassi di wah wah e fuzz che lasciano bave nelle casse dello stereo. Roba sentita mille volte, ma che sortisce lo stesso l’effetto sperato.
Il problema di “Time To Die” è la sua lunghezza. 65 minuti. Troppo, davvero troppo prolisso. La sabbathiana “We Love The Dead” e le insipide “Lucifer’s Salves” e “Sadiowitch”, il cui video è però stupendo, si sarebbero potute benissimo lasciar fuori, anzi la loro esclusione sarebbe stata un toccasana. Pazienza, accontentiamoci di un’opera tutto sommato riuscita, che sa comunque regalare momenti di notevole intensità.
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