[Grindcore] Agoraphobic Nosebleed – Agorapocalypse (2009)
Agorapocalypse Now – Timelord One (Loneliness Of The Long Distance Drug Runner) – Dick To Mouth Resuscitation – Moral Distortion – Hung From The Rising Sun – First National Stem Cell And Clone – Question Of Integrity – Timelord Two (Paradoxical Reaction) – Trauma Queen – White On White Crime – Druggernaut Jug Fuck – Ex Cop – Flamingo Snuff
http://www.myspace.com/agoraphobicnb
http://www.relapse.com
Sono passati sei anni dall’ultimo full (si fa per dire…) degli americani. “Altered States Of America” usciva nel 2003, e conteneva 100 tracce pressate in soli 21 minuti: un continuo assalto cybergrind/noise che, seppur fin troppo sforzato nel cercare lo shock e lo spaesamento a tutti i costi dell’ascoltatore, risultava comunque un esperimento interessante, condotto con estremo rigore. Dato un tale predecessore, mi sono stupito, e non poco, nell’ascoltare “Agorapocalypse”, quarto album di Scott Hull e compagni.
Lo si potrebbe considerare il loro disco “pop”. Non sto scherzando. Perché rispetto alle dissennatezze che hanno reso famosi gli Agoraphobic Nosebleed, questo nuovo lavoro presenta vere e proprie canzoni, non solo esplosioni di furia parossistica. Per di più, si tratta di canzoni ben strutturate, della durata media di ben due minuti (13 brani per 28 minuti abbondanti di musica; un record per i loro standard). Ben inteso, continuiamo a muoverci entro i territori del grind più violento e furioso, propulso dalla solita drum – machine sparata a mille BPM (ma, anche in questo frangente, la programmazione della stessa non è mai stata così ragionata e articolata, alternando velocità inumane a rallentamenti quasi sludge). Però le componenti più sperimentali sono state accantonate quasi del tutto, per lasciare spazio ad un grindcore di più antico lignaggio, memore delle sue origini e irrobustito da numerosissimi riferimenti al thrash di matrice slayeriana. Più volte, nel corso dell’album, le chitarre barriscono e seminano il panico con ferocia e abilità degna della coppia King – Hanneman, mentre i tre (!) cantanti si alternano alle urla. In questo senso il lavoro di Hull, che si occupa di tutti gli strumenti, è stato fenomenale. Anche sotto il profilo della varietà: è raro ascoltare un disco grind che sappia offrire così tante sfaccettature, dal mid tempo fangoso al riff fulminante all’accelerazione supersonica.
Insomma, una scelta a favore della “forma canzone” che ha pagato, e molto. Gli ANb non vogliono più stupire a tutti i costi, ma sono cresciuti nel songwriting senza perdere un’oncia della loro carica distruttiva. “Agorapocalypse” è probabilmente il loro capolavoro, da avere a tutti i costi.
Stefano Masnaghetti