Hammerfall – Infected

Hammerfall Infected
Ritornano gli Hammerfall con l’ottavo album della loro carriera, a due anni di distanza dal precedente “No Sacrifice, No Victory”. Il nuovo “Infected” mi è stato presentato con molto entusiasmo da Oscar Dronjak stesso durante l’intervista che ho avuto con lui. Era sincero Oscar, si percepiva che non si trattava delle solite dichiarazioni di circostanza.
Eppure, dopo un po’ di ascolti, non riesco a dargli del tutto ragione. Nelle sue parole il nuovo LP dovrebbe rappresentare il perfezionamento del predecessore. Un lavoro più vario, più diretto, colmo di energia. Su una cosa ha indubbiamente ragione: gli undici pezzi che lo compongono variano molto nello stile e nel tono, e gli Hammerfall si dedicano persino a ‘sperimentazioni’ mai osate prima. Così “Patient Zero”, eccezion fatta per l’accelerazione tipicamente power, è in gran parte una classica canzone doom, lenta e pesante, e “Let’s Get It On” tenta addirittura la strada dell’hard rock, quello anthemico e stradaiolo degli anni Ottanta (in questo è percepibile il tocco del nuovo coproduttore James Michael, già al lavoro con Motley Crue e Sixx: A.M. tra gli altri). Questo è quanto, però.
Il resto dell’opera mostra troppo spesso la corda, ancorata com’è a molti dei cliché che hanno sì reso famosi gli svedesi, e che a volte sono stati riletti con personalità ben marcata, ma che in questo caso troppo frequentemente scadono nella condizione di semplici filler. Accade con il mid – tempo di “One More Time”, con la ballad melodica sin troppo facile di “Send Me A Sing” (“I Believe” l’hanno già scritta nel primo), con la scontate power – song “The Outlaw” e “Dia De Los Muertos”, con il metal classico di “I Refuse”, etc. In breve, pare che tutta questa varietà, più che far davvero bene alla band, abbia finito per indirizzarla verso sonorità che aveva comunque già battuto meglio in passato, e che ora, nonostante un parziale restyling, suonano come se fossero ‘stinte’.
Le note positive, oltre ai due esperimenti citati poco sopra, si concentrano soprattutto nella conclusiva “Redemption”, lunga traccia (più di sette minuti) in cui i Nostri concentrano buona parte del loro meglio: dall’intro d’organo (trovata già utilizzata in “Between Two Worlds”, ma ancora una volta efficace; e pure il clavicembalo nel finale ci sta) alle digressioni melodiche, dagli assoli di chitarra al power metal sinfonico. E tutto è ben orchestrato. Purtroppo ciò non basta a risollevare del tutto “Infected”, che rimane claudicante in più punti. Probabilmente la numerosa fanbase degli Hammerfall, coltivata sapientemente negli ultimi 15 anni, troverà comunque di che essere felice. Tutti gli altri no. In ogni caso, non fosse che per “Patient Zero” e “Let’s Get It On”, il cd è meritevole perlomeno di un ascolto.
Stefano Masnaghetti

1 Comment

  • Gli ho dato un ascoltata( i pezzi che hai segnalato) non mi piace, non si capisce dove vuole andare a parare, un pezzo di un tipo un pezzo di un’altro, troppa carne al fuoco.
    ps
    Però per le cover devo dire che sono originali, dopo Warlord,Chastain,Stormwitch hanno tirato fuori i Pokolgep ungheresi 😀 (autori di una decina di dischi dagli anni 80 in poi), il pezzo in questione è la ballatona, loro di solito negli lp che ho cantavano in ungherese, qui è in inglese immagino che l’abbian cambiata

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