Di AB III Outune custodisce già un sincero track by track, risalente ormai a quasi un mese fa. Dopo avere analizzato in tempi non sospetti ogni brano come fosse un piccolo diamante grezzo in un sacchettino di velluto nero, non è il caso di tornare sullo svisceramento analitico, quanto più di limitarsi a digitare le sensazioni generali che questo attesissimo capitolo porta con sè.
Che il nuovo disco degli Alter Bridge fosse figlio della fretta lo si era capito sin dal titolo. Forti della consapevolezza di essere una delle migliori band del nuovo millennio Myles, Brian, Mark e Scott si sono concessi giusto un paio di mesi per forgiare il terzo capitolo della discografia prima di ripartire con dischi, tour, promozioni e rocknroll parties con le altre rispettive situazioni musicali.
Il risultato è addirittura sconvolgente e superiore alle aspettative, vista la trafila di impegni esterni. Il potenziale delle melodie di AB III è pari se non addirittura superiore ai precedenti capolavori-massimi-must-assoluti da avere per legge, ma le strutture pagano dazio, vittime della cattiva consigliera e delle fitte agende di cui è rimasto succube anche l’ordine della tracklist.
L’opener Slip To The Void fa tremare e con essa molte delle altre song, la voce profonda di Myles è sconvolgente, ci si aspetta sempre il delirio, che puntualmente arriva. Che sound. Che riff. Che groove, che voce. Ma quanti cambi di struttura…
AB III é il disco per i fan che amano la band più della propria vita, ma forse non è il disco per i fan dell’ultima ora: quelli che fino al 2009 non avevano idea di chi fossero in pratica. L’ultimo parto degli Alter Bridge non è un passo falso, è solo un piccolo passo. Un passo che nemmeno brani incredibilmente perfetti come “I know it hurts” e “Fallout” riescono ad allungare.
Queen – Sheer Heart Attack. Metallica – Master of Puppets. Bruce Springsteen – Born To Run. Led Zeppelin – Led Zeppelin III. Non è l’elenco dei dischi d’avere nella propria raccolta (si presume che chiunque li abbia), ma il titolo del terzo album di alcuni degli act rock più grandi della storia, lì dove il nome degli Alter Bridge potrebbe insidiarsi con la giusta tracotanza del predestinato. La terza stella è quella che consacra per l’eternità. Quella delle toppe sugli zaini, delle maglie scolorite, delle incisioni sui banchi di scuola con le chiavi del motorino.
Già…forse Queen, Metallica, il Boss e gli Zeppelin non avevano insidiate in casa sul divano due vecchie cariatidi, due suocere antipatiche e “passè” (detto con il peggior snobismo francese) che non se ne vogliono “andare”…
Restando in metafora di famiglia, AB III è il terzo figlio, quello che tiene insieme una coppia che ha già due amanti forti, con le quali è difficile chiudere per troppe ragioni.
La speranza é che i primi due figli, “One Day Remains” e “Blackbird” tengano unita la famiglia più di quanto le vecchie megere potranno mai dividerla.
Per tranquillizzare Alter Bridge e fans (il sottoscritto in primis), a conti fatti poche band concorrono alla palma di gruppo rock del nuovo millennio ed il vantaggio dei nostri é ancora molto sensibile. Ne riparliamo quando sarete in dolce attesa di AB IV, ok?
Riccardo Canato
Una delle migliori band del decennio torna in pista con il terzo disco di inediti. E’ arrivato il momento della grande esposizione, del botto definitivo, della consacrazione per un gruppo che mai è stato così tanto sulla bocca di tutti i rockettari come negli ultimi mesi. Il nuovo contratto con Roadrunner potrebbe essere la strada giusta per sfondare presso un pubblico sempre più vasto, dopo due album stupendi e perfomance dal vivo incredibili. La gestazione di AB III è stata molto complicata: Blackbird, uno dei dischi della vita per chi scrive, non ha avuto il successo previsto oltre Oceano, mentre nonostante tutto è andato benone nel Vecchio Continente. Se a quanto appena detto aggiungiamo la reunion dei Creed (che per un annetto buono hanno spopolato negli States, ndr) e il featuring del singer Myles Kennedy nella band solista di un certo Slash per mesi di tour interminabili e di grande successo, abbiamo il quadro della situazione completo. C’erano onestamente molti dubbi e preoccupazioni intorno alla nuova release, troppi accavallamenti (che proseguiranno anche nel 2010) e pochissimo tempo per incidere AB III.
Com’è andata quindi? Onestamente oltre ogni più rosea aspettativa … tuttavia rimane il rammarico per un progetto che avrebbe potuto sul serio diventare un punto di riferimento della musica hard rock del nuovo millennio qualora Tremonti e compagni avessero potuto (voluto?) dedicare molti più mesi d’attenzione al cd in questione.
Intendiamoci, prodotti qualitativamente così validi nel mercato hard & heavy ne escono pochi nel corso di un anno solare. AB III è sicuramente uno dei dischi più attesi e non deluderà affatto le aspettative dei fans di vecchia data e ne conquisterà schiere intere, nuove e appassionate. La produzione è clamorosa, l’impatto è frontale, le melodie contenute in alcuni pezzi sono tra le migliori mai partorite dalle menti di Myles Kennedy e Mark Tremonti. Resta tuttavia la sensazione che pezzi comunque buoni come “All Hope Is Gone”, “Make It Right”, “Wonderful Life” o “Breathe Again” le abbiano già scritte, e meglio, nei due dischi precedenti; che le pur decise “I Know It Hurts”, “Isolation” e “Still Remains” possano essere pezzi troppo generici e scontati per un gruppo come gli Alter Bridge, nonché troppo conformi a certi dettami di rock moderno US che molte band inferiori propongono. Resta parimenti la sensazione che “Slip To The Void” e “Words Darker Than Their Wings” siano due capolavori clamorosi che si collocano di diritto tra le migliori canzoni di sempre mai scritte dalla band; che “Ghost Of Days Gone By”, “Show Me A Sign” e “Coeur D’Alene” facciano sognare e coinvolgano emotivamente anche l’ascoltatore più smaliziato; che “Fallout” sia un potenziale singolone molto più personale di “Isolation”; che “Life Must Go On” ci ricordi nuovamente perché ci siamo innamorati di questi quattro dannati musicisti capaci di creare una band incredibile come questa sei anni fa.
Uno dei gruppi migliori attualmente in circolazione nel panorama hard & heavy, avrebbe potuto, con un anno intero a disposizione da dedicare esclusivamente a questo progetto, realizzare un altro capolavoro ancora più grande e immenso di quello del 2007. AB III è un bellissimo album benché inferiore nel suo insieme ai predecessori. I ragazzi sono stati grandiosi ancora una volta, considerando il poco tempo in cui il disco è stato registrato, ma tra non molto dovranno scegliere quale strada seguire e tagliare i troppi impegni attualmente in essere. Il futuro non è ancora sicuro purtroppo. Maledetto music business.
J.C.