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“Circle The Wagons” è molesto, cafone. Si è presentato in casa mia senza bussare ed è entrato senza pulirsi gli stivali. Poi si è dato delle pacche sul giubbino di jeans smanicato per togliere la polvere, il giubbino tappezzato dalle toppe scolorite di Killers dei Maiden, Black metal dei Venom e qualche altro gruppo sconosciuto di quel periodo. Quindi si è acceso una Lucky Strike senza chiedere permesso. Ma non prima di essersi scolato l’ultimo sorso di Jack Daniels direttamente dalla bottiglia. Infine si è seduto sul divano e con un fragoroso rutto ha premuto il tasto play nel lettore.
Se il precedente “Dark Thrones And Black Flag” aveva delle vaghe reminiscenze di black metal, su “Circle The Wagons” queste vengono completamente diluite nei baffuti anni 80. Il risultato è addirittura più anni 80 degli anni 80. Come nelle ultime due uscite i Darkthrone attingono a piene mani dalle loro influenze primordiali (Venom, Motorhead, Maiden, Accept, Cirith ungol, Hellhammer, Accept, Adrenalin OD e compagnia cotonata) spostando ulteriormente in là il concetto di trash, o di kitsch, chiamatelo come volete. Insomma il terzo capitolo della “saga” revival è decisamente il più riuscito e ispirato. Dopo l’ispiratissimo “F.O.A.D.” e il mediocre “Dark Thrones And Black Flag” il duo Fenriz/Nocturno culto ritorna ai suoi standard di qualità e intensità. “Circle The Wagons” è divertente, sgraziato, stonato, volgare, e soprattutto, ed è qui il bello, non ha un solo calo di tono. Dall’inizio alla fine del disco infatti inanella una serie di schegge impazzite senza fare complimenti, senza vergogna della sua maleducazione. Sicuramente tra queste vanno citate “I Am The Graves Of The 80’s” e “I Am The Working Class”, icone della tamaraggine di due decadi fa. Tutto è volutamente obsoleto: la title track, traccia a dir poco surreale se si pensa al logo in copertina, e la ‘suite’ “Stylize Corpse”, risultano commoventi tanto sono spontanee ed azzeccate. Ce n’è per tutti i gusti: l’opener “Those Treasures Will Never Befall”, “Black Mountain Totem” o la conclusiva strumentale “Brann Inte Slottet” sono tutti gioiellini di metallo genuino, riletto in chiave Darkthrone (ma neanche troppo), esagerato allo stremo nella forma e nei contenuti. Si badi bene, “Circle The Wagons” è un disco meraviglioso, commovente per la sua dedizione a certi schemi, ma di conseguenza adorabile solo per chi ha a cuore certe sonorità del metal ai suoi primordi. Per chi ha apprezzato la svolta eighties dei Darkthrone insomma. Per tutti gli altri c’è Mastercard.
Ah dimenticavo, prima di uscire di casa Circle the wagons mi ha svuotato tutte le birre in frigo. Quando ho cercato di fargli dei complimenti per la riuscita del risultato finale mi ha sbattuto la porta in faccia blaterando qualcosa tipo “Shut up, you fuckin’twat..” con la sua voce rochissima. Infine si è acceso l’ennesima sigaretta e se n’è andato sgommando a bordo della sua Harley.
Sapete, è bello sapere che lui è in giro, Circle the Wagons, che la prende come viene per noi peccatori.
Manuel Marini