[Heavy Black Metal] Darkthrone – Dark Thrones…

[Heavy Black Metal] Darkthrone – Dark Thrones And Black Flags (2008)

The Winds They Called The Dungeon Shaker – Death Of All Oaths (Oath Minus) – Hiking Metal Punks – Blacksmith Of The North (Keep That Ancient Fire) – Norway In September
Grizzly Trade – Hanging Out In Haiger – Dark Thrones And Black Flags – Launchpad To Nothingness – Witch Ghetto

http://www.darkthrone.no/
http://www.peaceville.com/index.php

Avevamo lasciato i due folletti norvegesi con F.O.A.D., scurrile prestazione di black metal involuto ai pacchiani primi anni 80 e li ritroviamo praticamente negli stessi acerbi lidi. Chi ama i Darkthrone ed ha apprezzato la svolta degli ultimi album, come il sottoscritto, troverà piacevole l’ascolto di Dark thrones and black flags, ma è innegabile che per la prima volta da tre album a questa parte non ci sono sostanziali novità.
L’e(in)voluzione del Darkthrone sound pare dunque essersi assestata. Il disco infatti si pone beatamente tra le scorribande punkeggianti di The cult is alive e le atmosfere più classic metal coatto della release dello scorso anno.

Troviamo pezzi al limite (ed oltre) del kitch come la galoppante opener The winds they callled the dungeon shaker o Hiking the metal punks, certamente il brano più riuscito dell’intero full lenght (la nuova Canadian metal). A onor del vero qua e là si respira anche quell’aura di oscurità che solo il duo Fenriz/Nocturno Culto sa ricreare a meraviglia, come per esempio nel rallentameno frostiano di Death of all oaths, nelle (a tratti) funeree Norway in september e Grizzly trade, e nell’incedere marziale della title track.
Per il resto ci sono riempitivi come Blacksmith to the north, Hanging out in haiger e Launchpad to nothingness, che non lasciano nessuna traccia del loro passaggio, mentre la discreta conclusione viene affidata a Witch ghetto che risulta trascinante grazie al drumming tritatutto di Fenriz.
Un po’ poco forse. Un po’ poco per un nome come Darkthrone, per chi non ha praticamente mai sbagliato un colpo, anche cambiando pelle con sottovalutata autoironia. Sia ben chiaro però che chi ha apprezzato la svolta ottantiana post Sardonic wrath non resterà certo deluso. Tuttavia, surreale a dirsi, sembra che in alcune tracce manchi quel pizzico di convinzione che faceva la differenza nei dischi precedenti. In ogni caso: Hiking the metal punks, forever!

Manuel Marini

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