I The Witch – Nagual

I The Witch Nagual Recensione
I The Witch è una one man band, infatti ogni singola nota presente su “Nagual” è stata concepita dall’inglese Stanley Franco. Si tratta dell’album d’esordio per questo progetto, il quale narra le vicende di una presunta strega rumena (qui interpretata dalla voce di Ana Lucestis) arsa viva poiché accusata di possedere poteri che andavano ben al di là della sfera naturale. Non siamo però nel Seicento o in altro periodo dedito all’ossessione diabolica, bensì durante la Seconda Guerra Mondiale, tant’è vero che la protagonista della narrazione fu bruciata in un campo di concentramento nazista. Pare si tratti di una storia realmente accaduta.
Bisogna ammettere che Franco ha saputo creare un contesto sonoro inedito e particolarmente adatto a suggerire accadimenti così tragici; infatti “Nagual” consta di un’unica traccia della durata di più di 43 minuti, pesante come un macigno e totalmente imbevuta di follia allo stato puro. Non ci sono appigli melodici né si riesce a scorgere una struttura minimamente definita nel mezzo dell’intrico che informa questo terrificante moloch musicale; ed è persino difficile descriverlo a parole. Si tratta di una nebulosa apparentemente informe intrisa di suoni aberranti (a parte l’incredibile frammento di romanza per violino posto nel finale), che prende spunto soprattutto dallo space – rock psichedelico dei Settanta, Hawkwind in primis (in questo senso, micidiale l’accelerazione verso il quarto minuto), ma che viene deturpata da tonnellate di ronzii vari, rumori disturbanti e vociare demente, droni e quant’altro, tanto che l’impressione generale è di star ascoltando un disco degli Ozric Tentacles risuonato dai Sunn 0))) con la complicità di Merzbow. O dei Boris. In alcuni punti, specie all’inizio, le distorsioni sono talmente accentuate che a qualcuno potrebbe venire il dubbio di aver preso un cd fallato; ma tranquillizzatevi, è proprio registrato così.
Il miracolo è che tutto ciò finisce per essere persino interessante. Certo arrivare intatti alla fine del disco è una bella impresa, tuttavia non così improba come potrebbe sembrare in un primo momento. “Nagual” venderà pochissimo e quasi nessuno lo inserirà nella sua playlist di fine anno, ma rimane un’esperienza da provare. Un ottimo esordio.
Stefano Masnaghetti

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