La bella notizia è che i Killing Joke hanno pubblicato un nuovo album. Perché fa sempre piacere che un gruppo del genere sia vivo e vegeto e continui a dire qualcosa d’interessante sui tempi bui (si dice così, no? In ogni caso data la situazione è un eufemismo) nei quali ci troviamo a vivere. Fra le altre cose, incredibile a scriversi, Jaz Coleman e compagni sembrano persino ottimisti in questa sorta di worst case scenario e per una volta, accanto allo sfacelo in cui versa il mondo nel 2012 (da cui il titolo), viene persino indicato un’orizzonte di speranza che potrebbe portare ad un futuro meno spaventoso. È comunque una tensione ideale che il collettivo inglese ha sempre custodito nel proprio DNA, fin dai tempi gloriosi dell’omonimo debut album (1980), una delle opere davvero irrinunciabili della new wave, senza la quale l’industrial metal dei giorni nostri non sarebbe semplicemente esistito. Ma oggi è Coleman stesso ad esser molto chiaro sui temi contenuti nelle dieci tracce di “MMXII“, tanto da affermare che “questo è l’anno in cui dobbiamo cercare di mettere ordine ai nostri sogni collettivi, ristabilire la salute della biosfera, opporre l’idea del benessere fisico ed emotivo a quella della crescita economica, ridare centralità ai concetti di socialità e di creazione insieme agli altri esseri umani, superare i rispettivi confini nazionali e andare verso quello che Schiller e Beethoven affermavano in alcune delle loro opere“.
Qual è la brutta notizia allora? Semplicemente che a livello puramente musicale il disco, seppur discreto, non convince mai del tutto, anzi mostra una mancanza d’idee che a volte si fa piuttosto preoccupante. Meno enfatico del precedente “Absolute Dissent“, nel complesso risulta però anche meno riuscito. Una sorta di monolito post punk/industrial metal in cui i Killing Joke riciclano, affidandosi quasi sempre a mid – tempo non molto creativi, gran parte delle intuizioni avute nel corso della loro carriera, senza però aggiungere qualcosa di davvero interessante. Le canzoni si assomigliano tutte; non è il solito modo di dire di comodo, davvero da “Pole Shift” (inizio atmosferico, accelerazione centrale, qualche cambio di tempo e ritorno al tema ‘ambient’ di partenza) sino a “On All Hallow’s Eve” si ha l’impressione di trovarsi di fronte allo stesso riff ripetuto fino allo sfinimento. Non c’è nulla che sia davvero brutto o buttato lì a caso, tuttavia il distacco da un’aurea mediocrità non avviene mai. E per un gruppo dell’importanza dei Killing Joke non è un dato positivo. Speriamo che al prossimo album, oltre all’impianto lirico, la band curi di più anche quello sonoro, come aveva fatto per il predecessore. Passo falso.
Stefano Masnaghetti
[youtube bRv5MFipqwU]