http://www.myspace.com/arsis
http://www.nuclearblast.de/
A due anni dall’ultimo “We Are The Nightmare”, tornano gli Arsis con il loro quarto album in carriera. In quasi dieci anni d’attività la band è riuscita ad aggregare un discreto numero di fan, grazie a una particolare fusione fra death metal tecnico à la Necrophagist e tonnellate di melodia svedese; americani della Virginia, con la scena metal del loro paese non hanno quasi nulla a che spartire, tanto che dopo un ipotetico ‘blindfold test’ il 99% degli ascoltatori collocherebbe il gruppo fra Göteborg e la Germania.
Oggi però il loro stile è mutato piuttosto nettamente. “Starve For The Devil”, infatti, ci presenta il quartetto in piena sbornia per il thrash degli Eighties e per il metal della NWOBHM. Addirittura, in alcuni brevi passaggi si possono udire accenti power metal (Forced To Rock). Comunque, anche se la cesura rispetto al passato è più che evidente, non si tratta di uno sconvolgimento totale. Rimane il gusto per il melodismo dei Dark Tranquillity e dei primi In Flames (From Soulless To Shattered), e le composizioni continuano a reggersi su passaggi arzigogolati e inclini alla dimostrazione di bravura tecnica ed esecutiva. Eppure il tutto assume contorni sfacciatamente rock, un senso di sano divertimento pervade il disco. Gli Arsis mulinano riffacci riesumati dal 1986 o giù di lì, scandagliano la bay area e il bacino della Ruhr, si fermano ad ammirare i primi bagliori dell’acciaio britannico, shakerando i vari ingredienti all’interno di una produzione limpida e cristallina.
Questo cd ha già scatenato reazioni contrastanti tra il pubblico. Molti lo giudicano un passo indietro, un guazzabuglio di poco conto, troppo confuso e troppo poco death metal. Al contrario, a me non è dispiaciuto. Certo è molto ruffiano, e nei suoi momenti peggiori rischia di ricordare una sorta di ibrido fra i Children Of Bodom più pacchiani e i The Haunted più mosci. Ma non tutto è così, anzi; molte canzoni sono divertenti e strafottenti al punto giusto, la fusione fra thrash, death, spunti classic metal e suoni contemporanei risulta quasi sempre azzeccata, e brani quali “The Ten Of Sword” e “Half Past Corpse O’Clock” si fanno riascoltare più che volentieri. Nulla di eccezionale, ma per trascorrere quaranta minuti lontani dal mondo e dal suo intrico di problemi “Starve For The Devil” è perfetto.
Stefano Masnaghetti