I Meshuggah sono una band che ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione della musica pesante del nuovo millennio. “Koloss” è il settimo disco da studio per gli Svedesi e, benchè non si avvicini nemmeno per sbaglio alla trilogia che li ha resi giustamente famosi (Destroy Erase Improve – Chaosphere – Nothing, dal 95 al 2002), è l’ennesima emissione di qualità di Kidman e compagni. La pesantezza, la marzialità e il ‘canonico’ senso di oppressione meccanica si sublimano in “Marrow“, “Swarm” e “Demiurge“, episodi veramente difficili da dimenticare e highlights assoluti del cd; tuttavia la relativa immediatezza (per chi li conosce e li apprezza) e la glaciale freddezza esecutiva di “Do Not Look Down” e “Break Those Bones Whose Sinews Gave It Motion” ci mostrano una band che non ha certo difficoltà a variare la propria vena compositiva senza paura di risultare ‘meno’ contorta del solito. Ovviamente “The Demon’s Name Is Surveillance” e la pachidermica opener “I Am Colossus” fanno capire nuovamente come i Meshuggah siano una delle entità più pure e non incatenabili della scena heavy, di cui sono tra gli esponenti migliori in termini di perizia esecutiva e capacità di comporre vere e proprie forme di soffocamento sonoro che richiedono un’attenzione nell’ascolto a volte eccessiva.
Un lavoro per pochi che sarà sicuramente tra le top ten di fine anno di ogni metallaro senza compromessi che si rispetti. Ovviamente chi privilegia la componente melodica, epica, trascinante ed emozionante di questa musica farà bene a stare lontano dalle contorsioni dei Meshuggah. Ma questo a dire la verità lo sapevamo anche prima dell’uscita di “Koloss”, buonissimo capitolo interno alla carriera di una band che il suo ruolo nell’estremo se lo è già ritagliato a suo tempo e che non ha intenzione di vivere di rendita…benchè il rischio di ripetersi inizia a diventare sempre maggiore disco dopo disco…Per ora va ancora benissimo così.
Paolo Sisa
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