http://www.rhapsodyoffire.com/
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I Rhapsody, è noto, sono croce e delizia del metallo italico. Chi li ascolta o li disprezza o li adora, senza mezzi termini. Riguardo il nuovo capitolo della loro famigerata saga potremmo dire senza tema di smentita che il gruppo ha servito la solita minestra. Un metallo leggero condito da strombazzamenti di orchestra un tanto al chilo che accompagnano canti su buoni che combattono i cattivi in un’ambientazione a stampo fantasy. Un settimo disco che altro non è che l’ennesima ripetizione di quei riff, frasi, trucchi e soluzioni che compongono il trademark della band e che ne ha sancito il successo. È inutile negare a Turilli e soci il fatto di aver costruito una proposta musicale riconoscibile, soddisfacendo evidentemente una richiesta, in termini di suoni e tematiche, reale. È anche noto che questo si chiami marketing e che il marketing faccia abbastanza a cazzotti con l’arte.
Assodato questo, il disco com’è? Bah, dipende da voi. Se siete ragazzi, patiti per guerrieri muscolosi, unti e depilati (fa tutto molto Village People, lo so) che si picchiano senza pietà con mostri più o meno grossi, se vi piacciono le storie di draghi, mostri e fanciulle inconcusse da salvare, senza troppe pretese né sul piano letterario né su quello musicale perché ciò che conta sono “sogni” ed “evasione”, bene, il disco vi piacerà da matti, come vi sono piaciuti gli ultimi 6. Il prodotto è molto ben congegnato per compiacere i fan, anzi, diremmo quasi che è fatto esclusivamente per questo con una profusione di professionalità notevole.
Se non appartenete alla categoria di cui sopra, se siete dei vecchi, cinici e puzzolenti bastardi, evitateli come la peste. Se già li trovavate ridicoli e insulsi, beh, non sarà questo disco a farvi cambiare idea.
Stefano Di Noi
La domanda è: può ancora oggi stupire un disco dei Rhapsody (Of Fire)? A ben 13 anni da “Legendary Tales” e dopo 4 anni di assoluto silenzio lontani dalle scene? La risposta la trovate nei 53 minuti del loro ottavo studio album dal titolo “The Frozen Tears Of Angels”. Intendiamoci i Rhapsody sono una band che non fa prigionieri, o li si ama o li odia, ma chi ha perso interesse nella band triestina potrebbe rimanere favorevolmente sorpreso per la qualità delle composizioni qui contenute. Qualità non nel senso di produzione e resa sonora, in quello l’accoppiata Turilli/Staropoli ha sempre dimostrato di avere cura maniacale, quanto nel songwriting, qui nonostante il canovaccio sia ormai iper inflazionato, i Rhapsody riescono ad inserire elementi nuovi e frizzanti senza snaturare il proprio sound, componendo uno dei dischi migliori della loro intera carriera.
E’ un album che farà felici coloro che prediligono un sound meno orchestrale e più metal (il cui dinamismo ricorda da molto vicino “Power Of The Dragonflame”) e in questo caso le chitarre nel mixing finale sono più presenti che in passato. Intendiamoci il trademark sonoro è palese sin dall’intro “Dark Frozen World”, ma il sound è più elaborato dal punto di vista strumentale e non solo per l’impatto sinfonico/orchestrale del loro celebre film-score-metal. E’ un sound adulto, con linee melodiche mai banali e dominato più che in passato da un guitar work sia in fase ritmica che solista più incisivo, con un Luca Turilli in grande spolvero. Prova ne è la devastante “Reign Of Terror”, (che potrebbe essere figlia del progetto mai realizzato “Rhapsody In Black”) l’energia del metal estremo che si apre in una gloriosa melodia, nuovo classico della loro discografia da affiancare alle varie “Emerald Sword” e “Dawn Of Victory” e “Land Of Immortals”. Anche in territori più melodici Alex Staropoli e Luca Turilli dimostrano un nuovo approccio, figlio di una maturità artistica conseguita da chi le canzoni le ha sempre scritte e curate nei minimi dettagli, come nel caso della ballad “Lost In Cold Dreams”, o in una delle più belle tracce folk-oriented dei nostri, “Danza di Fuoco e Ghiaccio” capace di far invidia all’odierno Ritchie Blackmore perso nel suo mondo da menestrello medievale. Se poi preferite da sempre i Rhapsody in versione epica e gloriosa “On The Way To Ainor” ha tra i cori più epici di sempre e la title track (tributo ai Crimson Glory, cosi come tutto il disco è dedicato allo scomparso Midnight) ha tutti gli elementi per mandare in visibilio i fan di lunga data.
Una cosa è certa “The Frozen Tears Of Angels” conquisterà i fan più scettici e taccerà per sempre gli invidiosi!
Grazie a Roberto Giordano