Send In The Wolves – Reconnect – The Story Of Your Life – Rise Of The Overman – Arms Of The Enemy – The Way Of Your World – Why I Hate Goodbye – March Of The Dreamless – Pray – Monarch – This Is Not My Life
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Ora o questi hanno capito tutto, oppure noi non abbiamo capito un cazzo. Parte il disco e senti una chitarrona down tuned à la Meshuggah per un brano che più glammettoso non si può, poi parte il secondo singolone e senti un metallo classico attualizzato da dio per il millennio in corso. The Story Of Your Life mi ha un po’ spaventato onestamente, pare una roba à la Epica o per intenderci quel symphonic power melodico che ha abbondantemente nauseato chi ha qualche primavera in più sulle spalle e cerca di lasciar da parte i pregiudizi. Fortunatamente il riff pesantissimo di Rise Of The Overman riporta le cose al loro posto, tuttavia il pezzo non è così indimenticabile e troppo sbilanciato sul metalcore melodico.
L’incipit di Arms Of The Enemy ce la saremmo aspettata su un disco recente degli In Flames, ma funziona e rialza l’attenzione (chi ha deciso l’ordine della tracklist si è preso un bel rischione), preparando per la ballad perfettamente costruita e proposta con parecchia nostalgia dell’arena rock. Da qui in poi, quando teoricamente l’attenzione delle masse dovrebbe calare, i Destrophy ci mostrano il loro vero volto, facendoci venire in mente più di una volta gli Angel Dust di un tempo in Why I Hate Goodbye (e non solo qui a dire il vero), spezzandoci il collo con March Of The Dreamless, un powerone europeo old style inimmaginabile a questo punto (Helloween con Deris tutta la vita). Con Pray torniamo al secondo brano, con toni molto più cupi e l’hardcore a farla da padrone (breakdown centrale da distruzione della stanza), ritornello escluso. Monarch va ancora più sul peso con un inizio doppio cassista a manetta e un riff principale Nu che più Nu non si può, il sipario cala con una canzone che inizia tipo Depeche Mode e che invece si sviluppa in modo molto più aggressivo ed esplosivo nonostante permangano i contrasti tra la violenza e la melodia.
Si dice in giro che questa roba sia figlia del giro Five Finger Death Punch e amichetti urlanti o ancora che gli Avenged Sevenfold abbiano fatto più danni che altro…potrà anche essere ma attenzione perché usare l’omonimo dei Destrophy per bullarsi con gli amichetti del liceo di avere trovato la roba più cool del momento, potrebbe essere un’azione credibile. Per giovani e per chi apprezza i frullati di sonorità anzianotte rielaborate, clamoroso soprattutto nella seconda metà. Diverso, interessante e, per me, nella top di fine anno in extremis.
Piero Lisergi