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“Isolation” è un disco che, pur avendo quelle peculiarità che hanno caratterizzato il sound dei Fear my Thoughts nel corso della loro carriera (sono al sesto full lenght, ormai!), vuole cercare di rompere con il suo passato, presentando una nuova natura della band che, comunque, si respirava già, a tratti, con il precedente “Vulcanus”.
La “causa” di tutto ciò è Martin Fischer, chiamato a sostituire l’istituzione della band Mathias Benedikt von Ockl, presente fin dalla prima formazione. Pur destreggiandosi egregiamente sulle parti più urlate, il meglio lo sfodera sulle parti più pulite, nelle quali l’eco di una vera e propria istituzione del cantato rock come Chris Cornell si respira più volte. Anche la band, grazie al nuovo ingresso, si permette il lusso di utilizzare delle soluzioni più sperimentali, tra cui un utilizzo del pulito ben più ampio rispetto al passato, sfiorando in alcuni passaggi il progressive. Il tutto con dei risultati molto, ma molto soddisfacenti. Certo, il tentativo di rompere con il passato non è netto: infatti troviamo un trittico di brani “estremo” e attaccato alla storia precedente del gruppo teutonico, come la Meshuggah-style “Death Chamber”, la swedish “Pitch Black” e “Creeping Lord” che, pur presentando parti acustiche, sembra ancorata alla mai rimpianta Bay Area. Ma, diciamola tutta, sono i classici episodi ai quali dedichi due scapocciate, un paio di cornine e basta, stop.
Il disco che nessuno si sarebbe aspettato dai Fear my Thoughts è invece arrivato: questo “Isolation” ha le carte in regola per essere definito un disco più che buono, destinato a crescere vertiginosamente con gli ascolti. Le discussioni sul “tradimento” lasciamole ai nerd forumistici, e portiamoci a casa un pezzo che si candida a canzone del 2008 d’ufficio (“The Blind Walk over the Edge”), tanti spunti notevoli e una speranza che la bolla del metalcore/hardcore tutto uguale prima o poi esploda e si muti in una forma che, pur essendo ispirata alle radici del genere, ci permetta di parlare di evoluzione di un genere ormai alla frutta.
Nicola Lucchetta