Resurrection – Pleasure In Pain – Worthless – Six – No Reason to Live – Killing The Beast – The Flame – End It All – Black Heart – Needle – Empire
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Parte in modo assurdo Resurrection, nuovo nato di casa Chimaira. I primi 5 pezzi sono veramente impressionanti. Una legnata dietro l’altra, un groove totale e un assalto che fa davvero godere. Opener spaventosa, esponente di quel modern thrash marchiato dalla timbrica growl di Mark Hunter che è emerso con prepotenza un paio d’anni fa distaccando definitivamente il combo dall’etichetta “nu” erroneamente applicata ai ragazzi agli esordi. Sampler e tastierozze si fanno sentire al momento giusto, i momenti da breakdown sono azzeccati e la batteria di Andols Herrick sorregge riffs di pregevole fattura. Ci sono anche delle clean e momenti più da airplay (pur estremo che sia) che erano molto difficili da individuare nel mastodontico e oppressivo (a volte troppo) precedente self titled record.
“Pleasure In Pain” e “Worthless” (quest’ultima ricorda molto i recenti Lamb Of God) proseguono nella devastazione, mentre “Six” è probabilmente la sorpresona del disco: uno dei brani migliori dei nostri, dalla struttura quasi progressive e dalla parte centrale classicamente heavy. “No Reason To Live” porta a “Killing The Beast” che è tra i pochissimi episodi sottotono del disco; tuttavia già con la successive “The Flame”, dall’incipit ‘Meshuggah-iano’, si riprende quota. “End It All” corre parecchio, puntando tutto su cambi di tempo schizoidi, “Black Heart” e “Needle” viaggiano anche loro anche se denotano meno personalità dei precedenti pezzi. La conclusiva “Empire” invece ci mostra i Chimaira alle prese con un sound black sinfonico raramente sentito prima d’ora in un loro disco.
E’ difficile che analizzi un disco quasi track by track. E’ successo con questo buonissimo “Resurrection”, platter di carattere che potrebbe definitivamente aprire le porte del successo a un gruppo testardo, convinto e meritevole di un’esposizione worldwide.