[Post-core/Post-rock] Red Sparowes – Every Red Heart Shines Toward The Red Sun (2006)

The Great Leap Forward Poured Down Upon Us One Day Like A Mighty Storm, Suddenly And Furiously Blinding Our Senses – We Stood Transfixed In Blank Devotion As Our Leader Spoke To Us, Looking Down On Our Mute Faces With A Great, Raging, And Unseeing Eye – Like The Howling Glory Of The Darkest Winds, This Voice Was Thunderous And The Words Holy, Tangling Their Way Around Our Hearts And Clutching Our Innocent Awe – A Message Of Avarice Rained Down And Carried Us Away Into False Dreams Of Endless Riches – “Annihilate The Sparrow, That Stealer Of Seed, And Our Harvests Will Abound; We Will Watch Our Wealth Flood In” – And By Our Own Hand Did Every Last Bird Lie Silent In Their Puddles, The Air Barren Of Song As The Clouds Drifted Away – For Killing Their Greatest Enemy, The Locusts Noisily Thanked Us And Turned Their Jaws Toward Our Crops, Swallowing Our Greed Whole – Millions Starved And We Became Skinnier And Skinnier, While Our Leaders Became Fatter And Fatter – Finally, As That Blazing Sun Shone Down Upon Us, Did We Know That True Enemy Was The Voice Of Blind Idolatry; And Only Then Did We Begin To Think For Ourselves

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Per il secondo full – length del supergruppo Red Sparowes si potrebbe fare un discorso, se non analogo, per lo meno molto simile a quanto detto qualche tempo fa riguardo all’ultimo disco degli Isis. Al di là di lunghe perifrasi: un altro lavoro deludente inscrivibile nell’ambito, ormai saturo, del post – core / rock prevalentemente strumentale.

Infatti, l’album in questione presenta molte somiglianze con il precedente “At The Soundless Dawn”: durata pressoché identica, assenza di qualsiasi intervento vocale lungo tutti i nove brani che lo compongono, atmosfere dilatate e malinconiche intrise di umori psichedelici, medesimi riferimenti stilistici (Pelican su tutti, poi Neurosis, Explosions In The Sky, Godspeed You! Black Emperor, gli Isis stessi) ecc. Insomma, tutto come da manuale: anzi, a dir meglio, tutto quanto sembra esser stato composto con lo scopo di non discostarsi minimamente dai dettami di un ipotetico manuale del perfetto musicista post – “qualcosa”.
Proprio così: e se il loro debutto aveva fatto gridare, giustamente, al quasi capolavoro, tanta era la passione profusa nello svecchiare e nel rianimare un indirizzo musicale che già soffriva di sovraesposizione, adesso pare che anche per i Red Sparowes sia, purtroppo, giunto il momento di adagiarsi nella maniera e nel riciclaggio di idee ormai troppo logore per essere trattate con così poca fantasia. Perché se in “At The Soundless Dawn” era percepibile lo sforzo, peraltro riuscito, di concepire un’opera organica dallo sviluppo progressivo privo di fratture, con “Every Red Heart Shines Toward The Red Sun” ogni brano, ancorché piacevole e ben strutturato (specie quelli posti nel mezzo del disco), pare più un esercizio di calligrafismo a se stante piuttosto che un elemento di un progetto coeso e sviluppato nella sua interezza.

Paradossale, poi, che a risultare più interessanti della musica stessa siano gli immaginifici titoli chilometrici, ancora più prolissi rispetto al passato (forse i nostri vogliono competere con i Bal-Sagoth…); peccato non basti la confezione ad aumentare il valore intrinseco dell’opera. Un’altra delusione giunta proprio da chi, solo un paio d’anni fa, aveva contribuito a far credere al sottoscritto che il “nuovo” rock strumentale avesse ancora molto da dire: e forse ce l’ha davvero, ma non sono album come questi che possono servire alla sua causa.

S.M.

 

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