[Post Hardcore] Amia Venera Landscape (2008)

 

[Post Hardcore] Amia Venera Landscape – Amia Venera Landscape (2008)

My Hands Will Burn First – Nichòlas – Glances

http://www.myspace.com/amiaveneralandscape

Strani i percorsi e le strategie del music biz, anche di quello che si occupa delle nicchie estreme. A fianco di una carrellata interminabile di gruppi metal/post/qualcosa core dotati di scarso talento e di ancor meno idee, ma prontamente messi sotto contratto e ultra pompati dall’etichetta di turno, ogni tanto si ha la fortuna d’imbattersi in ensemble di reale valore, ma che sono costretti ad auto prodursi per farsi conoscere e pubblicare i loro lavori.

Questo è il caso degli Amia Venera Landscape, sestetto veneto qui al suo mini cd di debutto. I ragazzi fanno sul serio: tecnicamente dotati, riescono ad esprimere la loro bravura in composizioni ora intricate ora più dirette e lineari, ma sempre tese a una ricerca stilistica interessante e originale. Post hardcore, certo: di quello DOC, però. In 17 minuti la band comprime, dilata, centrifuga ed assimila i migliori spunti provenienti da questo genere.

“My Hands Will Burn First” aggredisce subito con un suono abrasivo che sa di Burst, Burnt By The Sun e primi Cult Of Luna: chitarre stridenti, ritmiche varie e ben calibrate, sulle quali si alternano scream e voce pulita. Per una volta l’accostamento dei due tipi di cantato è riuscito e non risulta pacchiano. Il cuore del disco è però la successiva “Nichòlas”, quasi nove minuti entro i quali c’è davvero di tutto: una rilettura dei Converge in senso più melodico, scorie soniche mutuate dai Breach, un break centrale quasi ambient, per finire con lente mutazioni a metà strada fra Isis e Neurosis. “Glances” è una rapida rilettura di quanto già messo in mostra, con una maggiore attenzione per la melodia, che si estrinseca specialmente nella parte finale della canzone.

Gusto per i contrasti sonori, ottimo affiatamento tra i sei componenti del gruppo, amalgama strumentale d’impatto, ma che non soffoca i vari timbri in un calderone indistinto (e con tre chitarre all’attivo non è un’impresa così scontata), buon bilanciamento tra parti ispide e violente e digressioni dilatate e armoniche. Un esordio che colpisce per maturità e padronanza dei mezzi. Urge al più presto un serio contratto discografico.

Stefano Masnaghetti 

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