[Post Punk/Industrial] Killing Joke – Absolute Dissent (2010)



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C’è voluto un funerale (quello di Paul Raven), ma alla fine la prima, mitica formazione dei Killing Joke è tornata in studio per incidere un disco. Lungi dall’essere una reunion fatta solamente per scopi pubblicitari/pecuniari, in “Absolute Dissent” i quattro dell’apocalisse, ossia Jaz Coleman (voce e tastiere), Kevin “Geordie” Walker (chitarra), Martin “Youth” Glover (basso) e Paul Ferguson (batteria), quelli che realizzarono il seminale “Killing Joke” nel 1980, mostrano di aver conservato un’invidiabile alchimia di fondo e un’intesa che sembra non essersi rotta neppure dopo 28 anni di ‘inattività’, ovviamente limitata al suonare assieme.

Di più. Con questo album i Killing Joke, caso rarissimo, riescono a trarre preziosi insegnamenti da numerose band che loro stessi contribuirono a formare. Basti sentire i clangori di basso e la foga cinetica di “Fresh Fever From The Skies” (uno dei pezzi più riusciti), in cui è evidente la lezione Big Black; oppure il synth rock monumentale/melanconico di “European Super State” e “The Raven King”, in odore di Depeche Mode e contenente persino spunti EBM (anche se altrettanto importanti, a onor del vero, risultano gli Ultravox, contemporanei dei loro capolavori). E nel resto del disco sono percepibili parecchi altri input sonici, che spaziano dal grunge (End Game) a scampoli di industrial alla Ministry, da una specie di pop apocalittico al cyber punk (Depthcharge), fino a giungere ad atmosfere affini ai Godflesh.

Convergenze stilistiche e intelligenti citazionismi a parte, quello che colpisce di questo, nuovo dissenso assoluto – come sempre i temi e i testi di Coleman e compagni raffigurano il mondo contemporaneo in corsa verso l’abisso, e a volte è difficile dar loro torto – è l’intrinseca qualità delle composizioni, che a volte si avvicina persino a quella dei primi tempi. Quello che funziona meglio e che risulta la chiave di volta dei brani più significativi è l’uso dei cori, perfettamente calibrati e profondamente sentiti: così è nella title – track, in cui il ritornello raggiunge vette altissime d’intensità e immedesimazione, e similmente accade in molte canzoni nella prima parte del lavoro; solo sul finire si assiste a un abbassamento qualitativo ed emotivo, specie nel filler “Here Comes The Singularity” e nel dub della conclusiva “Ghosts On Ladbroke Grove”, episodi piuttosto trascurabili. Tuttavia, a fronte di questi pochi cali di tono, “Absolute Dissent” è probabilmente la miglior opera dei Killing Joke da molti anni a questa parte. La musica non ha perso il suo progredire maestoso e apocalittico, per blocchi compatti e monolitici, e loro non hanno perso la carica di rabbia che trent’anni fa li aiutò ad imporsi nel calderone post punk/new wave. Bentornati.

Stefano Masnaghetti

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