Some Like It Cold – Ever The Same, And Always Will Be – Call Me Sick Boy – An Endless Serenade – Under This Red Sky – Good Mourning, Honey – Consider Me Alive – Stuck Inside – Johnny’s Light Sucks – Six Years Home
http://www.myspace.com/hopesdielast
http://www.wynonarecords.com/
Cosa deve fare una band italiana per poter anche solo pensare di “sfondare” negli States? Semplice: copiare le band in voga oltre oceano e aggiungere quella dose di melodia nella quale, storicamente, gli italiani sono i maestri. Ecco, in pochissime parole, il primo lavoro sulla lunga distanza dei capitolini Hopes Die Last, pubblicato dall’italiana Wynona Records.
Ci stupisce la capacità di questi ragazzi romani di incidere un lavoro prodotto da Dio, seguendo gli alti standard qualitativi dei prodotti esteri, contenente una decina di pezzi praticamente perfetti dal punto di vista “commerciale”. Non è da tutti riuscire a far contenti, con un’unica release, gli “emo” (con quello screamo figlio degli Underoath), i “metallari” (con le parti più urlate e tirate) e le teenager alla prima esperienza con la musica dura, grazie ai ritornelli melodici (alcuni piuttosto azzeccati) e al look particolarmente curato.
L’unico difetto è il fatto di essere di fronte ad un disco di plastica, tanto perfetto dal punto di vista formale quanto vuoto da quello emozionale: un lavoro studiato a tavolino, nel quale la sensazione di deja-vu con prodotti di altre band (soprattutto i già citati Underoath) si percepisce più volte nei 40 minuti di “Six years home”.
Un lavoro inattaccabile dal punto di vista formale, ma criticabile dal punto di vista dell’originalità e della personalità. A voi giudicare se questi difetti pesano troppo o poco su un lavoro che resta, comunque, di qualità.
Nicola Lucchetta