This Will Never End – Otherland – Turn The Page – Fly – Carry The Blessed Home – Another Stranger Me – Straight Through The Mirror – Lionheart – Skalds And Shadows – The Edge – The New Order
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E così in un anno abbiamo avuto ‘due’ album dei Blind Guardian, pronti pronti a dividere (ma non più di tanto) i fans della band e gli adoratori del power metallo in generale. Se da una parte ‘Dreamland Manor’ dei Savage Circus, nuova band dell’ex batterista Thomen, incarna lo spirito più aggressivo dei primissimi album dei Blind, i tre bardi rimanenti continuano a maturare il loro sound epico cercando di convincerci che si può fare a meno della doppiacassa a manetta e dei riff al limite del thrash. Rispetto al precedente ‘A Night At The Opera’ la band ha cambiato decisamente direzione: sono stati diminuiti di parecchio cori, controcori, le mille orchestrazioni e le composizione intricate, a favore di uno stile più ‘rock’ e diretto, di sicuro più facilmente proponibile dal vivo. La voce di Hansi (comunque pesantemente prodotta e lavorata in studio) spazia come sempre tra l’abrasivo e il melodico, pronta a sfociare nei cori che tanto fanno presa dal vivo, come nel pezzo ultra epico Turn The Page (che di sicuro sarà una garanzia nei prossimi live). Il nuovo batterista Frederik è stato un ottimo acquisto, anche se come prevedibile rimane una spanna sotto al mitico caro e vecchio Thomen: una mancanza la sua che si farà sentire. Sempre in trasformazione il sound delle chitarre: ormai lontane dalle mazzate di ‘Imaginations From The Other Side’, le ritmiche, pur presentando ancora picchi di possenza, vanno spesso in territori vicini all’heavy classico (Another Stranger Me) e non disdegnano suoni più vintage e sperimentazioni già provate negli ultimi due album. La parte del leone come sempre la fanno i mille ottimi leads che escono dalla chitarra solista di Andre, vero marchio di fabbrica della band assieme ai cori e alla voce ruvida di Hansi. Un album più che buono quindi, che tiene alto il nome della band, pur non presentando veri e propri nuovi classici e provocando una certa insofferenza al pensiero che forse quattro anni per fare un album così sono troppi. Il pregio principale è coprire in maniera godibile i vari volti della band, come quello da menestrelli (Skalds And Shadows), quello progressive (il fuorviante singolo Fly-la tastierina/xilofono comunque si sente solo lì, non preoccupatevi) e quello aggressivo (The Edge), facendo rimanere sempre alta l’attenzione.
Insomma, in un modo o nell’altro i Blind Guardian sono riusciti a diventare una delle band di punta del panorama Heavy Metal, producendo una striscia vincente di album certamente molto discussi, ma più per questioni soggettive che per questioni di forma o sostanza. Un po’ come stabilire chi sia più bona tra le due veline…
M.B.