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A dire il vero, con questa recensione arriviamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, giusto il tempo di accorgerci che The Premonition ha riscosso i consensi della critica di mezzo mondo e ottenuto discreto successo tra i metalhead. Sembra siano giunti, dopo quattro lavori, al necessario cambio di passo e a qualche mese dall’uscita ufficiale del disco, marzo duemilaotto, Outune.net ha maturato tempi e pensieri per dire la sua… a mente fredda.
The Premonition è un album che sarebbe fuorviante giudicare alla luce di questo power metal in condizioni così malconce e lo prendiamo per come si manifesta: un lavoro di cesello e una manovra di amalgama del repertorio antecedente, condito dalle solite banalità (nelle strutture e nei testi) che stanno deturpando il genere.
Dobbiamo fare i conti, una volta ancora, con la produzione eccellente alternata a composizioni impersonali, alle quali si aggiunge la banalissima cover di Maniac (Flashdance). Tanto metallo riciclato nel quale abbondano arrangiamenti forzati e le consuete soluzioni ritmiche, spezzato qua e là dagli ottimi (questi sì) assoli di chitarra elettrica (Gus G.) e dalla buona interpretazione vocale di Apollo Papathanasio.
Se basta così poco per far gridare al miracolo allora siamo messi male. The Premonition è un disco di maniera che non riuscirà a spodestare (e nemmeno lambire) i successi dei capisaldi. Dieci pezzi costruiti a tavolino seguendo attentamente il manuale del giovane power metaller, perché sono proprio loro, i giovani, che rischiano di cadere nella trappola di un parco brani elegante ma inconsistente. E a pensare che c’è in giro qualcuno che vuol farci credere che si tratta di un disco prodigio. Non scherziamo.
Gaetano Loffredo