[Progressive Thrash Metal] Meshuggah – Obzen (2008)


Combustion –  Electric Red –  Bleed – Lethargica – obZen – This Spiteful Snake – Pineal Gland Optics – Pravus – Dancers To A Discordant System

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Devo dire che mi aspettavo il peggio vista la copertina. Invece eccoci con questo nuovo disco, che può essere considerato una summa del Meshuggah pensiero. Sono sostanzialmente presenti tutti gli ingredienti che hanno nel corso degli anni aiutato a definire il sound degli svedesi. Dalle fiondate thrash degli esordi, ai ritmi spezzati ed esasperanti di metà carriera, ai plumbei e claustrofobici mood delle ultime release. “Obzen” permette a chi non ha mai ascoltato (o capito) nulla di questo gruppo di provarci ancora.
Non sarà certo un’impresa facile arrivare alla fine di Electric Red dopo l’opener terremotate, come creerà qualche dubbio sulla sopravvivenza della specie Letargica mentre Bleed vi sfonderà la testa senza chiedervi il permesso, e se arriverete in fondo lucidi (sì, ciao) l’ultimo pezzo vi rimescolerà le idee.
Insomma il disco è bello: a differenza di quanto può sembrare per gruppi di questa caratura, non è sempre necessario cercare di evolvere e di cambiare se lo si è fatto per anni, si può tranquillamente fermarsi un momento a fare il punto della situazione e dire “cazzarola quante robe malate abbiamo fatto finora, mettiamone un po’ insieme a facciamo il disco nuovo”. Ecco Haake e soci devono aver pensato questo, e probabilmente non hanno fatto nemmeno troppa fatica a creare “Obzen”. Dategli più di un ascolto e godetevelo senza troppe fisime, anche questa volta il bersaglio è stato centrato.

P.N.

 

Dopo un EP e un album (rispettivamente, “I” e “Catch 33”) che hanno cercato di far fare ai Meshuggah un salto qualitativo ed evolutivo enorme (ma poco apprezzato dalla vecchia guardia), il progetto capitanato da Tomas Haake e Fredrik Thordendal decide di tornare indietro con la nuova fatica, “ObZen”, ai tempi di “Chaosphere” e “Nothing”, allo scopo di ricominciare il discorso intrapreso ormai sei anni fa e mandarlo avanti.
Dopo un inizio terremotante, che mescola gli At the Gates, alcuni break tipicamente “metalcore” (l'opener “Combustion”) e citazioni fin troppo evidenti da “Nothing” (“Electric red” e “Bleed”), il tanto atteso “ObZen” si conferma nelle successive tracce quel tassello che doveva essere piazzato tra “Chaosphere” e “Nothing”: infatti, il risultato è un disco che, pur essendo qualitativamente notevole, non si smuove di un millimetro rispetto a quanto fatto prima, risultando il primo album “fermo” e “noioso” della già sostanziosa discografia della band.
Una release che sicuramente sarà oggetto di discussione e di faide tra le community metalliche mondiali per i prossimi mesi. “ObZen” in definitiva è, comunque, un'uscita notevole, un prodotto ottimamente arrangiato e prodotto, e presenta canzoni di gran caratura: bocciarlo sarebbe fin troppo azzardato. Ma resta il fondato dubbio che a questo giro la band abbia lavorato nell'ottica di sfondare definitivamente anche negli Stati Uniti, e che i sei mesi chiesti in più per la produzione siano stati fatti esclusivamente per creare dell'hype attorno a questa nuova fatica.

N.L.

 

I Meshuggah hanno avuto il merito di aver spalancato al metallo le porte di un nuovo mondo. Una carriera in crescendo, dischi incredibili, rara personalità musicale, un bagaglio tecnico stupefacente e come se questo non bastasse, una forte idea di fondo a guidarne passi e scelte stilistiche.
C’è però un problema che nasce dal fatto che i nostri hanno già scritto il disco perfetto (Chaosphere), hanno già scritto il disco innovativo che andava a sondare nuove strade e da molti considerato il loro capolavoro (Nothing), hanno anche già scritto il disco “accessibile”, capace di introdurre al loro suono nuovi ascoltatori (Destroy Erase Improve). Non paghi, hanno anche composto un paio di bignami della loro visione musicale (I e Catch Thirty-Three) tanto per mettere i punti sulle i.
Alla luce di tutto ciò si deve ammettere che il nuovo Obzen non aggiunge nulla. Anzi, quando non ripete discorsi già fatti, si sposta su territori già battuti da altri. I Meshuggah diventano melodici, come può esserlo una fabbrica automatizzata ma di certo ben più di come lo siano mai stati. Ogni tanto mettono anche il piede sull’acceleratore, con il risultato di sembrare un normale gruppo death metal affascinato da ritmiche un po’ asincrone e soli deliranti.
Dai primi della classe si pretende il massimo, non ci si accontenta di un disco formalmente ben fatto con dentro un po’ di pezzi con un tiro discreto (da questo punto di vita l’opener Combustion è davvero notevole). Dai Meshuggah vogliamo qualcosa che ci faccia star male dentro e non musica pestata, cioè, vogliamo anche questa, ma cercate di capirci.
Dai primi della classe si pretende un passo avanti ogni volta. La corsa dei nostri è stata frenetica fino a Nothing, poi si è rallentata e con Obzen si è fermata, non sappiamo se per sempre. La speranza è che quest’ultimo capitolo sia in realtà solo un divertissement, una manciata di brani divertenti da suonare dal vivo e necessario per quadrare meglio il cerchio.
Non vorremo però che i nostri abbiano deciso di abbandonare la ricerca e di ignorare completamente i percorsi e le esplorazioni che Nothing aveva messo loro davanti. Un’occasione mancata, quindi, per di più accompagnata da un’orrenda copertina.

S.D.N.

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