www.myspace.com/marniestern1
http://www.killrockstars.com/
Già al suo debutto, nel 2007, critica e pubblico l’avevano acclamata come una rivelazione interessantissima che non ci saremmo dimenticati facilmente. Il suo primo disco era stata una violenta entrata in scivolata nel mondo dell’indie al femminile e la sua ultima prova, intitolata semplicemente “Marnie Stern”, perché, ci dice, “parla molto di più di me”, ce la presenta finalmente matura.
Dopo due album nei quali ci provava ma non ci riusciva del tutto, la Stern è arrivata finalmente all’acme della sua cifra espressiva: dieci tracce in perfetto equilibrio fra le stravaganze alla Deerhoof e la voglia di far risultare i pezzi orecchiabili, se non cantabili (cantare questi pezzi sarà dura, visto che anche la vocalità della Stern è tutt’altro che immediata).
Quello che ci viene offerto è duplice, e per questo molto interessante: se la scrittura musicale scomposta e gioiosa (a fronte di testi a volte pesantissimi) fa la parte del leone nella maggior parte dell’album, dal singolo “For Ash”, passando per “Gimme” (i Mineral dell’ultimo periodo suonati a doppia velocità), per arrivare alla tecnicissima “Cinco de Mayo”, altrettanto spazio è però lasciato ad idee interessanti nonostante il loro discostarsi totalmente dal loro abituale e fertilissimo terreno compositivo. “Her Confidence”, ad esempio, che sfiora il territorio di PJ Harvey, o “The Things You Notice”, fra i New Order e i My Bloody Valentine.
Una delle più stupefacenti chitarriste degli ultimi anni,sia per tecnica che per ispirazione.
Una di quelle che picchiano durissimo, che “da una donna non te lo aspetti”.
Una che si è scelta come compagno di viaggio Zach Hill, che si mangia i tempi composti come le noccioline ed è perfetto nel ruolo di sostegno ritmico al fingerpicking per il quale lei è diventata famosa. Giuro, a sentirli sembra che la loro musica sia quanto di più semplice ed orecchiabile esista.
Un album da non sottovalutare, forse una delle migliori uscite del 2010.
Francesca Stella Riva