[Psychedelic Doom] Minsk – With Echoes In The Movement Of Stone (2009)
Three Moons – The Shore Of Transcendence – Almitra’s Premonition – Means To An End – Crescent Mirror – Pisgah – Consumed By Horizons Of Fire – Requiem: From Substance To Silence
http://www.myspace.com/minsk
http://www.relapse.com
Il terzo disco del quartetto americano è bello, molto bello. Questo è un punto che va chiarito subito. Ma è altrettanto vero che non aggiunge nulla di nuovo a quanto fatto fino ad ora. Semplicemente, si preoccupa di rifinire e sviluppare al meglio lo stile che da sempre i Minsk hanno praticato. Esaltandone soprattutto la componente psichedelica e l’uso dell’elettronica, il gusto per il tribalismo percussivo e l’abilità nel cesellare ogni minimo dettaglio del suono.
In questo senso, “With Echoes In The Movement Of Stone” è perfetto sotto tutti i punti di vista. La calibrata produzione permette all’ascoltatore un’esperienza uditiva che mette in luce il timbro di ogni singolo strumento con un nitore che, anche oggi, è raro a trovarsi. Il grande sforzo tecnico in fase di registrazione e missaggio si rivela mezzo ideale per far esplodere con la giusta carica otto brani di grande intensità emotiva. Certo, l’influenza dei Neurosis continua ad essere preponderante. Gli effetti elettronici, l’incedere pesante e la voce su “Three Moons” sembrano quasi un omaggio al celeberrimo “Through Silver In Blood” (anche qui nulla di nuovo, i Minsk l’avevano già fatto nel precedente “The Ritual Fires Of Abandonment”, precisamente in “Embers”), mentre gli sfondi plumbei della semiacustica “Means To An End” guardano piuttosto al lato più introspettivo dell’ensemble di Oakland, quello di “A Sun That Never Sets”. Poi però c’è anche il doom profumato d’oriente di “The Shore Of Transcendence”, l’onirismo funereo di “Almitra’s Premonition”, che ricorda le ragnatele sonore dei Tool, ancora melodie moresche in “Consumed By Horizons Of Fire” e il gran finale di “Requiem”, incipit quasi drone e sviluppo giocato sulla tensione pieno/vuoto, degno delle migliori band post rock.
Soprattutto c’è la capacità, da parte dei Minsk, di imprimere alla propria musica un segno distintivo, un tratto fortemente personale, oscillante fra doom sulfureo, densità psichedeliche e derive postcore, che rende le loro composizioni comunque interessanti, percorse da fremiti di reale partecipazione emotiva. Non meri cloni, insomma, piuttosto un gruppo che, passo dopo passo, sta costruendo una carriera di tutto rispetto.
Stefano Masnaghetti