Arrivano al terzo disco i Rev Theory, band USA da un paio d’anni sulla cresta dell’onda anche grazie a delle belle sponsorizzazioni made in WWE (theme song per lottatori, official tracks per i pay per view e simili, ndr). “Justice” suona più ruvido e metallaro rispetto al precedente, e validissimo, “Light It Up”. In questo senso le dichiarazioni della band su una sorta di ritorno alle origini di “Truth Is Currency” si sono dimostrate sensate. Molti brani godibili, i primi tre sono mediaticamente perfetti e da air play immenso nelle alternative radio di mezzo mondo. Di certo nulla di nuovo, ma una scarica adrenalinica spaziale, Terry Date dietro la console ci dà dentro e saltiamo come dei babbei sul singolo trainante “Justice”.
Il problema, se così volete chiamarlo, che emerge alla lunga è l’eccessiva tendenza a tentare di parafrasare ciò che Avenged Sevenfold o anche gli ultimi Stone Sour hanno già fatto: lo stile dei Theory si avvicina molto a quanto proposto dai due nomi di cui sopra, magari con meno doppia cassa e con un flavour più stradaiolo se vogliamo, ma alla lunga i riferimenti sono quelli; inoltre il singer Rich Luzzi ci sta abbondantemente dentro, ma alla lunga potrebbe risultare poco personale se confrontato con M.Shadows o il Corey melodico nei pezzi più lenti.
Questioni di lana caprina dopo tutto, i Rev Theory con “Justice” propongono una dose massiccia di energia e rock moderno d’impatto, spesso veloce (“Guilty By Design” fa godere di brutto) e accattivante al massimo nei refrain ruffiani, cadendo solo in un paio di episodi da skip (“Say Goodbye” e “Never Again” per dire potevano risparmiarcele). Non il disco che ti cambia la vita, ma una quarantina di minuti di spacconerie americane che ci piacciono parecchio. Il resto è aria fritta e materia per giornalisti supponenti come noi: sparatevelo a volume massimo.