[Symphonic/Industrial Black Metal] Aborym – Generator (2006)


Armageddon – Disgust And Rage – A Dog-Eat-Dog World – Ruinrama Kolossal S.P.Q.R. – Generator – Suffer Catalyst – Between The Devil And The Deep Blue Sea – Man Bites God – I Reject
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www.season-of-mist.com
Quarto lavoro sulla lunga distanza per la band di Fabban, e disco che segna un netto cambiamento, sia musicale sia di line – up, rispetto ai suoi predecessori. Dopo sette anni, infatti, Attila Csihar abbandona il gruppo (ma è presente come ospite in un brano) a favore di Prime Evil, già dietro il microfono dei seminali Mysticum, e se ne va anche Set Teitan, ormai impegnato a tempo pieno con i Dissection. In compenso, per la prima volta gli Aborym utilizzano un batterista umano e mandano in soffitta la drum machine; dietro le pelli troviamo infatti Bard Faust, ex Emperor, musicista che non ha certo bisogno di presentazioni. Diretta conseguenza di questi rimaneggiamenti di organico, è la netta sterzata stilistica che porta “Generator” a staccarsi dal tipico Aborym sound, per cercare un approccio più classico con la materia black metal e a prediligere arrangiamenti più spostati sul versante sinfonico rispetto al consueto bombardamento elettronico – industriale. Se il precedente “With No Human Intervention” era un inno alla più completa glacialità e inorganicità musicale, ottenuta attraverso riff e campionamenti asettici e dal ritmo allucinato e marziale, quest’ultima fatica getta un ponte verso suggestioni chiaramente debitrici al classico black sinfonico di matrice emperoriana (insomma, non è un caso che ci sia Bard Faust): molti tappeti tastieristici si richiamano palesemente a quanto fatto dai maestri norvegesi negli anni Novanta in dischi come “Anthems To The Welkin At Dusk” (cfr. ad esempio “Ruinrama Kolossal S.P.Q.R. o l’incipit della title – track), per non parlare del lavoro di batteria, ennesima dimostrazione della bravura e dell’originalità del norvegese. C’è comunque da precisare che questi cambiamenti non sono stati così radicali da eliminare del tutto le parti elettroniche e più “futuribili” del loro stile, che si avvertono ancora ben presenti soprattutto nella seconda parte del disco, in pezzi come “Suffer Catalyst” e specialmente nella multiforme “Between The Devil And The Blue Sea”, la quale parte con violente accelerazioni e blast beat tipicamente black metal, passa attraverso metamorfosi sinfoniche, e approda ad un finale dalla ritmica quasi EBM. Probabilmente è questo il miglior pezzo dell’album. Il tentativo degli Aborym è chiaro: cercare di aprirsi a nuove suggestioni, recuperando anche influenze tratte dal passato della storia del “metallo nero”, senza dimenticare il loro trademark costituito da atmosfere apocalittiche ed aliene. Peccato che questo intento, peraltro encomiabile, sia stato realizzato solo in parte: infatti dopo qualche ascolto è chiaro che molti pezzi soffrono di una mancata omogeneità nelle loro parti, tanto da risultare difficilmente metabolizzabili nelle loro ardite mutazioni tra varianti “classico – sinfoniche”, stacchi violenti e iconoclasti e passaggi di elettronica “spaziale”. In particolare, sono proprio i brani che più si distaccano dal loro tipico stile a soffrire di incompiutezza formale e a convincere meno: penso in special modo ai primi due, “Disgust And Rage” e “A Dog-Eat-Dog World” . La seconda parte del disco risulta maggiormente riuscita, ma anch’essa non è esente da cadute di tono. In definitiva abbiamo a che fare con un disco di transizione, in grado di svelare nuovi, interessanti orizzonti per gli Aborym, ma privo della compattezza e della perfetta compiutezza estetica che hanno fatto grandi dischi quali “Kali Yuga Bizarre” e il già citato “With No Human Intervention”.
S.M.

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